La Nuova Sardegna

fotovoltaico a villasor

Serre bruciate, il presidente accusato di incendio doloso

CAGLIARI. Colpo di scena nelle indagini sui roghi che l’11 luglio e il 7 agosto scorsi hanno distrutto il roseto coltivato nelle serre, vicenda collegata al mega impianto fotovoltaico sequestrato il...

04 ottobre 2015
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CAGLIARI. Colpo di scena nelle indagini sui roghi che l’11 luglio e il 7 agosto scorsi hanno distrutto il roseto coltivato nelle serre, vicenda collegata al mega impianto fotovoltaico sequestrato il 16 giugno 2015 nell’inchiesta per truffa e abuso edilizio. Giorgio Piras, il presidente della cooperativa che gestisce le serre col roseto, serre legate alla Twelve Energy proprietaria dell’impianto sequestrato, da ieri mattina dovrà presentarsi tutti i giorni nella caserma dei carabinieri di Villasor. Lo ha deciso il gip Ornella Anedda, su richiesta del pm Daniele Caria. Piras, secondo il sostituto procuratore che coordina l’attività investigativa, potrebbe essere il responsabile dei due incendi: non solo avrebbe deciso di bruciare le piante, ma secondo gli accertamenti dei forestali sarebbe stato lui in persona ad appiccare gli incendi. Perché Piras avrebbe dato fuoco alle piante? Per rispondere a questa domanda bisogna spiegare il rapporto con la Twelve Energy. Questa società ha potuto beneficiare delle tariffe incentivanti che vengono concesse alle aziende che producono energia e che garantiscono attività agricole con un reddito equivalente, se non superiore, a quello ottenuto attraverso la cessione dell’energia: dall’inchiesta sarebbe emerso che la Twelve Energy ha percepito tariffe incentivanti a fronte di una produzione (di rose) nulla. Nella relazione dei forestali del 17 ottobre 2014 le serre risultavano ancora prive degli impianti di condizionamento della temperatura e comunque durante tutto il 2014 non c’erano state vendite. Con gli incendi, secondo gli inquirenti, Giorgio Piras avrebbe potuto giustificare il fatto che anche nel 2015 praticamente non c’era stata produzione. Che gli incendi fossero dolosi era sembrato subito evidente: gli agenti del Corpo forestale avevano trovato gli inneschi. Apparve subito chiaro che l’incendiario era entrato nell’impianto senza forzare cancelli o tagliare recinzioni. Nel primo incendio una delle telecamere inquadrò una macchina che era in uso a Piras, nel secondo incendio le telecamere inspiegabilmente furono spente proprio nell’orario di innesco del fuoco. Nelle dichiarazioni rese da Piras, poi, gli inquirenti avrebbero accertato alcune falsità. Secondo il pm ci potrebbero essere rischi di recidive, da qui la richiesta della misura cautelare.

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