La Nuova Sardegna

Asili nido, in Sardegna un bambino su tre resta fuori

Un asilo nido in un'immagine d'archivio
Un asilo nido in un'immagine d'archivio

I dati di Cittadinanzattiva: è Sassari la città con meno posti. A Oristano la retta mensile più cara

05 settembre 2015
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SASSARI. Qualcosa che non funziona: agli ingressi degli asili nido c’è la fila di bimbi che aspettano di trovare posto. Nell’isola uno su tre resta escluso, a Sassari sono addirittura due su tre.

È il dato più allarmante dell’inchiesta sulle strutture per la prima infanzia elaborata da Cittadinanzattiva onlus. Che ha calcolato i costi delle rette e i posti disponibili nei capoluoghi di provincia.

  • I costi

La retta mensile per l’asilo nido costa in Sardegna in media 226 euro ai genitori, una cifra più contenuta rispetto ai 311 euro della media nazionale.

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È Oristano, con 263 euro, la città isolana in cui si spende di più, seguita da Nuoro, con solo un euro in meno, mentre a Sassari il costo è di 241 euro. Ad abbassare la media regionale è Cagliari, dove la retta media è di 137 euro.

Fra le regioni la più costosa, con 440 euro, è la Valle d’Aosta, la più economica la Calabria, con 164 euro. Fra i capoluoghi di provincia solo 14 hanno registrato un incremento delle rette rispetto allo scorso anno. In Sardegna le cifre sono rimaste invariate, secondo l’Osservatorio nazionale prezzi e tariffe dell’associazione.

  • Le strutture

Nei comuni dell’isola risultano aperti 112 nidi pubblici, per un totale di 3.340 posti. Quelli privati sono 203, per una capienza di 4.280 bambini. È del 30% la lista d’attesa nei capoluoghi di provincia, dove nel 2013 si contavano 23 strutture comunale per un totale di 1.338 posti.

La percentuale più alta di chi rimane fuori si registra a Sassari: la lista d’attesa è del 67%.

«Chiediamo di rilanciare nel dibattito pubblico, anche regionale, l’adeguamento del servizio educativo per la prima infanzia alle esigenze, anche economiche, delle famiglie italiane», afferma Francesca Moccia di Cittadinanzattiva Sardegna, «alla luce di quanto raccomandato dalla Commissione europea nel 2013 con il documento ’Investire nell’infanzia per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale». «È necessari – conclude l’esponente della Onlus –prevedere una maggiore flessibilità per i servizi, una revisione degli orari, un’offerta integrata con le molteplici ma disomogenee esperienze di welfare aziendale e di soluzioni alternative. Ripensare il modello di servizio è urgente per permettere di frequentare l’asino a un maggior numero di bambini e a costi sostenibili».

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