La Nuova Sardegna

“Madre acqua”, la vita di Sergio Atzeni

di Fabio Canessa

Alghero: il documentario sullo scrittore firmato da Daniele Atzeni oggi in anteprima a “Cinema delle terre del mare”

01 agosto 2015
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ALGHERO. Madre acqua. Voleva intitolarlo così quel libro. Ci aveva messo tutto se stesso in quelle pagine. Come sempre, per l’importanza che dava alla scrittura, ma forse ancora di più. Un titolo che però non piaceva alla casa editrice, Mondadori, e alla fine dunque trasformato in “Il quinto passo è l’addio”. Paola Mazzarelli, ultima compagna di Sergio Atzeni, ricorda la storia del romanzo più personale dello scrittore cagliaritano. Lo fa davanti alla telecamera di Daniele Atzeni e il racconto spinge il regista, già autore del pluripremiato “I morti di Alos”, a scegliere come titolo per il suo documentario sullo scrittore scomparso vent’anni fa proprio “Madre acqua”. Frammenti di vita di Sergio Atzeni, come indicato nel sottotitolo, che il regista ha ricostruito raccogliendo testimonianze di chi l’ha conosciuto fino a comporre un film di 74 minuti che ha appena finito di montare. In tempo per la prima assoluta stasera ad Alghero, alle 21.30 nella spiaggia della Speranza (presente anche il regista), organizzata all’interno della rassegna “Cinema delle terre del mare” ideata dalla Società Umanitaria di Alghero diretta da Alessandra Sento che ha spinto molto per inserire il film nel programma.

Il documentario prodotto dalla Araj Film dello stesso Daniele Atzeni, con il contributo della Regione, è un prezioso omaggio alla figura del grande scrittore sardo. Di lui parlano la moglie Rossana Copez, la sorella Rossana e diversi amici che sono stati vicini a Sergio Atzeni (come Giovanni Manca e Giuseppe Marci) o hanno lavorato con lui, come Goffredo Fofi che dirigeva la rivista milanese “Linea d’ombra” alla quale collaborò anche lo scrittore cagliaritano in un periodo nel quale aveva lasciato la Sardegna. La condizione di emigrato torna spesso nel racconto portato avanti da Daniele Atzeni che inframezza le testimonianze con la lettura, ad opera di Fausto Siddi, di alcuni significativi passi ripresi da scritti di Sergio Atzeni. «Questo lavoro - spiega il regista originario di Iglesias - nasce dalla mia passione per le opere di Atzeni. I suoi scritti sono stati importantissimi per la mia formazione. Per questo ho deciso di ripercorrere con un documentario il suo percorso artistico e di vita. Attraverso un racconto a più voci per il quale ho potuto contare sulla consulenza di Gigliola Sulis, grande studiosa del lavoro di Atzeni, che mi ha aiutato per i contatti con le persone intervistate».

Viene fuori il ritratto di un uomo dall’assoluta coerenza, di ribelle disilluso, fuori dal sistema, “costretto” - non potendosi dedicare completamente alla scrittura - a fare l’impiegato all’Enel e lavorare come traduttore. Questo non gli ha impedito di lasciare un segno importante nella letteratura, anche se il suo lavoro non è stato completamente riconosciuto in vita e anche oggi meriterebbe più attenzione. «Mi ha colpito molto parlando con chi l’ha conosciuto - racconta Daniele Atzeni - la sua capacità di lavorare. Come dice Ernesto Ferrero era un grande “lavoratore della penna”. Non si fermava mai, era instancabile. Passava le giornate a tradurre per potersi mantenere e scriveva le sue cose di notte, con la stessa scrupolosità. Lavorava molto sulla scrittura, sul linguaggio». Un lavoro purtroppo interrotto da una morte prematura, nel mare di Carloforte. Un momento drammatico ripercorso nel documentario con le parole di Paola Mazzarelli che quel maledetto giorno era con lui.

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