La Nuova Sardegna

Sbarchi, l’isola diventa la meta finale

di Silvia Sanna
Sbarchi, l’isola diventa la meta finale

Non solo prima accoglienza: la Sardegna destinazione delle navi cariche di profughi. Ma le strutture non bastano

13 giugno 2015
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SASSARI. Meta finale per i migranti in fuga. Le coste sarde diventano porto di destinazione, non più approdo di prima accoglienza e successivo smistamento. Un cambiamento radicale, dettato dai grandi numeri: gli sbarchi, sempre più frequenti, impongono un’inversione di rotta. Se prima i barconi e le navi cariche di profughi salvati in mezzo al mare venivano dirottate in automatico verso le coste siciliane, ora il carico si divide. Un peso ingombrante e destinato ad aumentare nelle prossime settimane. L’isola si prepara ad affrontare la nuova ondata.

La svolta. Il maxi sbarco del 30 maggio aveva fatto intuire il cambiamento epocale in atto. Quel pomeriggio a Cagliari era arrivata una nave tedesca con 880 migranti a bordo, uomini per la stragrande maggioranza, ma anche donne e bambini. Mai sino a quel momento l’isola si era trovata ad affrontare un’emergenza simile. Ma la sorpresa è arrivata quando si è appreso che gli 880 migranti, dopo le operazioni di prima accoglienza e identificazione, non sarebbero stati smistati verso altre regioni: in realtà erano già arrivati a destinazione. E già prima che scendessero dalla nave, si sapeva come e dove sarebbero stati distribuiti all’interno del territorio regionale.

Le prospettive. La strada è già segnata. Le nuove regole stabiliscono che un certo numero di navi cariche di migranti vengano automaticamente dirottate in Sardegna, con la certezza che i profughi sbarcati rimarranno nell’isola. Queste prospettive fanno intuire che la popolazione di migranti attualmente ospite in Sardegna, circa 2200 unità, sia destinata a lievitare molto in fretta.

Le quote fluide. Sino a questo momento, la Sardegna è stata chiamata a fare la sua parte accogliendo una quota di migranti pari al 2% del totale nazionale. Una percentuale calcolata sulla base di due parametri: la popolazione residente e il numero di stranieri già presenti nell’isola. La conversione della Sardegna, da luogo di prima accoglienza a meta finale, conferma in maniera abbastanza chiara quello che già si era intuito. Le quote sono fluide, nell’isola come in altre regioni d’Italia la percentuale salirà. È già successo: nel 2013 la Sardegna aveva solo l’1%. Ma quanto e quando la quota aumenterà, dipenderà dalla frequenza degli sbarchi e dal numero complessivo dei nuovi arrivi.

Emergenza quotidiana. Il questore di Cagliari Filippo Dispenza, il 30 maggio l’aveva detto: «Gli sbarchi non possono essere più considerati un’emergenza, ma un fatto ineluttabile». Una realtà della quale l’isola deve prendere atto e di fronte alla quale è chiamata a rimboccarsi le maniche. Sino a questo momento la risposta è stata abbastanza soddisfacente. Ma il cambiamento di rotta impone anche un cambiamento di passo. Servono più strutture d’accoglienza in cui ospitare i migranti: i posti a disposizione sono ormai esauriti, la ricerca di nuovi spazi è diventata febbrile.

Il vertice. Di questo si è parlato nel vertice in Prefettura a Cagliari due giorni fa: presenti i prefetti, l’assessore regionale Cristiano Erriu e il presidente dell’Anci Pier Sandro Scano. L’incontro è stato convocato per fare il punto sulla cosiddetta seconda accoglienza, successiva alla prima che coincide con l’arrivo nei porti. È stato ribadito l’appello che si sente da settimane: serve l’impegno di tutti, i comuni devono fare la propria parte.

I bandi. Attraverso l’Anci, i sindaci sono stati invitati a segnalare le strutture che potrebbero ospitare i migranti ma anche a individuare i soggetti – privati o cooperative – che poi dovranno gestirle. I bandi Cas (Centri accoglienza stranieri) sono frequentissimi: l’ultimo, della prefettura di Cagliari, è datato 9 giugno, scadenza prevista il 16 a mezzogiorno. Contiene l’invito a presentare manifestazioni d’interesse per la gestione di strutture in cui garantire ai profughi vitto e alloggio, ma anche assistenza sanitaria e partecipazione a programmi d’integrazione. In cambio, i gestori riceveranno dallo Stato un contributo giornaliero per migrante di circa 35 euro. Le risposte – c’è da scommetterci – arriveranno numerose.

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