La Nuova Sardegna

Tutto Dinamo

Dinamo, esplode l’orgoglio

di Andrea Sini

I Giganti del basket accolti tra gli applausi al rientro dal trionfo a Milano

12 giugno 2015
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SASSARI. Beatrice, mini-canottiera blu di Brian Sacchetti sulle spalle, scorrazza nel piazzale con i suoi freschi 9 anni inseguita da Francesca, stessa età, maglia di David Logan con colori invertiti. Massimo, 51 anni, ha chiesto un pomeriggio di permesso da lavoro per poterci essere, insieme a tutta la famiglia. Bruna, bancaria, sorride felice nel suo elegante vestito rosso e allunga il collo per vedere oltre la folla. Sergio, di professione fa quello che non se ne perde una, e infatti è stato tra i primi ad arrivare. Sarà anche uno degli ultimi ad andare via.

Un popolo in festa. Eccolo qui il popolo biancoblù, schierato compatto nell’angolo più caldo di piazzale Segni, in un qualsiasi giovedì pomeriggio di quasi estate, sudato fradicio e impaziente. «Ma quando arrivano?», chiede Beatrice. «Boh», risponde Francesca facendo spallucce, ma ormai l’attesa è finita. Sono le 7 di sera quando compare la prua del pullman della Dinamo, guidato dallo speaker-autista Ico Ribichesu. La folla, seicento, forse settecento persone, esplode. Applausi, cori, grida e una selva di smartphone puntano verso i Giganti che uno a uno scendono dal mezzo ufficiale della società.

Bentornati campioni. La Dinamo approda in finale scudetto per la prima volta nella sua storia e il suo popolo accorre in massa a dare il bentornato a squadra, staff e dirigenti. La fantastica vittoria del forum di Assago è lontana quasi ventiquattr’ore, la sbornia successiva ha lasciato per molti strascichi evidenti in volto. «Che ora ho fatto ieri notte? Almeno le 6, è stato un delirio», dice Sergio, che punta dritto verso Jack Devecchi, appena toccato terra, e lo avvinghia in una presa che neppure Samardo Samuels a rimbalzo nell’azione decisiva.Per Logan e compagni il bagno di folla vero arriva dopo un primo importante assaggio, avuto un’ora e mezza prima allo sbarco all’aeroporto di Olbia. «Sì, ci hanno accolto alla grande anche là – dice il capitano Manuel Vanuzzo –. Sentiamo forte il sostegno di Sassari ma anche di tutta la Sardegna, siamo fieri di quello che stiamo facendo anche perché sappiamo che tanta gente si identifica in noi e gioisce delle nostre vittorie. Siamo felici per questo risultato storico, ma dopo la partita non abbiamo fatto festeggiamenti epici: stiamo già pensando alla finale, non possiamo fermarci qua. Lo dobbiamo a noi stessi e anche a tutta questa gente». Poi Vanuzzo si ritrova all’improvviso con un bassotto in braccio e un tifoso che gli chiede di sorridere. «È come se fosse mio figlio, si chiama Skrissy».In mezzo alla folla compare il presidente del Consiglio regionale, Gianfranco Ganau, fedelissimo del palazzetto. Si complimenta con Stefano Sardara e il vice presidente Gian Mario Dettori e poi si gode il momento stando in disparte.

Il sogno è realtà. Massimo Chessa, sassarese di sangue e di nascita del gruppo biancoblù (quelli ormai acquisiti sono Vanuzzo, Devecchi e Brian Sacchetti) bacia sua mamma e riceve una robusta stretta di mano da suo papà. Ha giocato poco, ma la soddisfazione è comunque enorme. Il suo volto compare in una delle immagini più forti ed emozionanti di gara 7, quella che mostra i giocatori della panchina che si stringono in una specie di catena negli ultimi secondi del match. «È una specie di rito scaramantico tutto nostro – dice Devecchi –. Lo abbiamo fatto anche stavolta, è una cosa spontanea che coinvolge tutti. Spesso abbiamo dato l’impressione di non essere un vero gruppo, ma per arrivare così lontano nei playoff sono fondamentali lo spirito di squadra e la coesione». Bello andare a dormire con una finale scudetto in tasca dopo una favolosa vittoria in casa dei campioni d’Italia. Ma il risveglio com’è stato? «Bello, decisamente bello – dice il Capitan futuro della Dinamo –. Il primo impatto è stato di incredulità, invece è tutto reale, è tutto vero. Ed è bellissimo poter vedere ancora una volta la nostra gente felice per quello che abbiamo fatto in campo».

La corsa biglietti. Le bandiere sventolano in quella nicchia colorata di biancoblù di fronte al PalaSerradimigni che è ormai la base operativa della società, oltre che il punto di riferimento del tifo. Già oggi allo Store ripartirà il “delirio” della vendita dei biglietti. Per la finalissima ci sarà la fila. «Sì, sarà ancora una volta un delirio, un lavoro molto impegnativo ma lo facciamo molto volentieri – dice Tiziana Piga, uno dei “motori” del botteghino sassarese. E ci sarà molto lavoro anche per Elisa Mazzoni, che quotidianamente accoglie con enormi sorrisi i clienti dello Store Dinamo. «Anche noi ci sentiamo parte di questo progetto – dice –, è un grande risultato per tutti». C’è di tutto, nel mondo biancoblù, che dopo il folle giro delle sette gare contro Milano è finito in orbita fino a toccare le sconosciute vette di una finale scudetto. «Io preferirei trovare Reggio Emilia», sorride Beatrice, che non si è ancora stancata di fare avanti e indietro. E Reggio Emilia sia, dunque. Perché il popolo biancoblù, sognatore e appassionato, sa anche guardare molto avanti, oltre questo meraviglioso presente.

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