La Nuova Sardegna

«La grande sfida per i sardi? Sfruttare la globalizzazione»

di Claudio Zoccheddu ; di Claudio Zoccheddu
«La grande sfida per i sardi? Sfruttare la globalizzazione»

Il celebre economista all’istituto Mossa di Oristano «Possibilità immense per turismo e agroalimentare»

13 dicembre 2014
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ORISTANO. Secondo Foreign Policy, una rivista statunitense dedicata alle relazioni internazionali, è uno tra i cento pensatori più influenti al mondo. Luigi Zingales, economista di fama internazionale, è arrivato a Oristano ieri mattina per partecipare a un incontro con gli studenti dell'istituto tecnico Lorenzo Mossa e, in videoconferenza, con quelli dell'istituto Lorenzo Gigli di Rovato, in provincia di Brescia. Il tramite che ha condotto Zingales in Sardegna è stato il dottor Mario Macis, giovanissimo “assistant professor” alla Johns Hopkins Carey Business School di Washington.

Il tema della conferenza era l'euro e il futuro dell'Europa e dell'Eurozona. Oltre alla macroeconomia, Zingales ha toccato anche altri aspetti economici, offrendo un punto di vista sulla situazione della Sardegna e sulla potenzialità di un'isola che, a quanto pare, conosce piuttosto bene. «L'idea di uscire dall’euro deve essere valutata sotto tutti gli aspetti: ci sono lati potenzialmente positivi e lati decisamente negativi. Per ora, però, sarebbe meglio evitare l'uscita repentina dalla moneta unica. Piuttosto, sarebbe utile ipotizzare una forma di moneta comune nel Nord del continente europeo e una nel Sud. Sarebbe un'alternativa valida, in attesa che venga strutturata una politica fiscale comune in grado di soddisfare la popolazione, come avviene negli Usa». Nell’idea di Luigi Zingales, la Sardegna potrebbe giocare un ruolo fondamentale: «Dovreste scommettere sulla bellezza di questa terra e sulla validità della produzione agroalimentare e enogastronomica. Sono questi gli aspetti che potrebbero permettere all'Isola di ridurre il tasso di disoccupazione e di affacciarsi prepotentemente sul mercato mondiale, non solo su quello nazionale e continentale». Insomma, secondo Zingales la Sardegna sarebbe uno scrigno ancora da scoprire, ma dalle potenzialità immense. Soprattutto dal punto di vista turistico e agroalimentare. Per farlo, sarebbe sufficiente sfruttare la globalizzazione, un termine dalle accezioni non solo negative che dovrebbe permettere il salto di qualità che i sardi attendono. L'assist per l'approfondimento è arrivato da Mario Macis: «Per fare un esempio, l'apertura di una sede di Amazon a Cagliari è una notizia che deve essere accolta positivamente. Se il colosso americano punta sulla Sardegna non lo fa certo a caso e l'arrivo di una multinazionale di questo tipo significa che non tutto è perduto e che alla fine del tunnel c'è ancora una luce accesa», ha detto Macis, «La modernità permette spostamenti veloci ed è il preludio all'apertura di mercati ancora in evoluzione e difficili da ipotizzare e prevedere». Zingales, dal canto suo, ha usato un esempio bucolico: «Ieri assaggiavo un delizioso olio sardo, grazie alle nuove tecnologie e alla modernità globale un prodotto di questa qualità potrebbe essere venduto a peso d’oro sui mercati più ricchi». Per farlo, però, servirebbe riorganizzare il lavoro e la produttività: «Ed è proprio questo quello che potrebbero insegnarci le multinazionali. La differenza tra l’economia statunitense e quella italiana sta solo ed esclusivamente nella produttività. Se riuscissimo ad aumetarla, Italia e Sardegna potrebbero ripartire, dal punto di vista economico, anche domani». Uno studente, poi, ha spostato il “focus” sulle materie politiche, e sull’indipendentismo in particolare: «Non credo che sia la soluzione giusta, lo dimostra la “nuova” Lega di Matteo Salvini che, sono parole del leader del Carroccio, si ispira alla destra nazionalista francese di Marine Le Pen. Certo, uno stato piccolo sarebbe molto più semplice da gestire, come diceva Platone, ma immaginare un confronto tra una realtà economica microscopica e un grande stato nazionale è un esercizio piuttosto complicato», ha concluso Zingales. Quindi, la ricetta cucinata dall’economista padovano ha pochi ingredienti, ma molto ben assortiti e competitivi: bellezza, cultura, produzione agroalimentare, enogastronomia e attitudine all’apertura verso il mercato continentale e verso quello globale.

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