La Nuova Sardegna

Marijuana, crescono coltivazioni e spaccio

Marijuana, crescono coltivazioni e spaccio

I ricercatori: «La cannabis può diventare merce di scambio tra bande locali e altri gruppi criminali»

30 novembre 2014
2 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. Piantagioni di cannabis sorvegliate da uomini armati. Contatti per lo smercio tra mala locale e organizzazioni dislocate sulla penisola. Saldature tra vecchie e nuove bande: pronte non solo allo spaccio di marijuana, ma a vendere coca, eroina, anfetamine.

Nel mondo della droga sardo sono comunque le coltivazioni di marijuana a dominare la scena, non foss’altro per l’elevatissima qualità del “prodotto” in zone come Sarrabus e Ogliastra. Come informa il report dell’Osservatorio sociale, tra il 2010 e quest’anno, ci sono stati così 516 sequestri, con 30.479 piante di cannabis confiscate e un trend di crescita nella diffusione del fenomeno, più marcato in provincia di Nuoro. Le piantagioni maggiori sono state scoperte, oltre che nelle Barbagie e in Ogliastra, nel Marghine e nel Goceano. L’area a rischio criminalità resta a ogni modo la zona centro-orientale.

Oltre ai sequestri in territori urbani e metropolitani, serre e terreni per le piantine sono stati scoperti spesso vicino a piccoli comuni, a volte con meno di tremila abitanti. Al centro dei traffici in queste zone, «uomini perlopiù giovani, disoccupati o operai». I quali, presumibilmente, fanno parte di organizzazioni in grado di assicurare controllo del territorio e dedicarsi a un mercato di vaste dimensioni.

Spiegano nel report Daniele Pulino e Sara Spanu: «Il consumo di sostanze stupefacenti si è ormai installato in quelle comunità dove la costruzione sociale della mascolinità andava a coincidere con forme distorte della cosiddetta balentìa che si manifestavano con comportamenti violenti associati all’uso di alcool e dove esiste una larga diffusione delle armi». E ancora: «La cannabis può diventare, come hanno dimostrato alcune indagini, merce di scambio tra gruppi locali e altri gruppi criminali. È vero che in quest’area l’associazione tra fenomeni violenti e attività di coltivazione di cannabis è già una realtà da tenere sotto osservazione». «Tuttavia – affermano i due ricercatori – l’elemento territoriale che emerge, non è tanto l’inacessibilità, l’isolamento, quanto il suo contrario, ovvero la presenza di arterie stradali, di collegamenti che rendono possibile la comunicazione con diversi centri, consentendo in questo modo l’esistenza di quella successione di relazioni volte allo scambio che costituiscono un mercato, seppur illecito. Ancora una volta si ribalta lo scenario descritto dalla Commissione regionale nei primi anni ’90 e da tutta quella letteratura che mostrava come l’isolamento fosse uno dei fattori che agevolavano la nascita dei fenomeni criminali». «Attraverso le coltivazioni di cannabis – concludono i due studiosi – è perciò possibile cogliere elementi di trasformazione degli assetti sociali e territoriali: quegli assetti che hanno investito la Sardegna negli ultimi trent’anni, modificando la struttura stessa delle attività criminali». (pgp)

In Primo Piano
Cronaca

Incidente sul lavoro a Dorgali: operaio ferito al volto dopo un’esplosione, trasportato a Sassari con l’elisoccorso

Le nostre iniziative