La Nuova Sardegna

il caso

Rivolta nell'isola: fermate l'asta della Dea madre

di Luca Rojch
Dea madre
Dea madre

Scatta la protesta, si chiede l'intervento del Ministero per bloccare la vendita della scultura prevista l'11 dicembre da Christie's

25 novembre 2014
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SASSARI. La notizia della vendita all'asta di una Dea madre fa scattare la rivolta. La statuetta di marmo, alta 34 centimetri, verrà messa in vendita l'11 dicembre da Christie's a New York. L'annuncio è comparso da qualche giorno sul sito della prestigiosa casa d'aste. L'opera fa parte di un lotto di reperti che arrivano da tutto il Mediterraneo, ma è il pezzo più pregiato. La sua valutazione oscilla tra gli 800mila dollari e il milione e 200mila. La scultura risale al 2500  avanti Cristo e appartiene alla "Cultura di Ozieri".

Ma il mondo della cultura si è già mobilitato per fermare la vendita. L'ex rettore Attilio Mastino lancia un appello al sottosegretario Francesca Barracciu. "Conosco la sua grande sensibilità - dice  - e spero si faccia portavoce di questa proposta". L'archeologo Marcello Madau ha già inviato una lettera al Mibact. "in cui informo il ministero della vendita e chiedo se siano state rispettate tutte le leggi. Tra le altre cose posso affermare che l'opera è stata restaurata".

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Ma anche la politica si mobilita. Il deputato di Unidos Mauro Pili ha presentato una interrogazione a cui il governo darà risposta oggi. "Bloccate immediatamente la vendita della Dea Madre - dice  -. Va restituita alla Sardegna. Il governo italiano deve intervenire   sull’amministrazione americana per bloccare l’asta dell’11 dicembre. Non si tratta di un pezzo pregiato da vendere. Un governo autorevole e serio deve intervenire con tutti i poteri a sua disposizione per bloccare questa vergognosa vendita che offende la storia della Sardegna e dei sardi". Pili ha scritto anche una lettera all'ambasciatore degli Stati uniti a Roma John Phillips chiedendogli di intervenire immediatamente. Nella polemica entra anche l'ex governatore Ugo Cappellacci. "Il governo intervenga con ogni mezzo, politico ed economico, per riportare in Sardegna la Dea madre - affema Cappellacci -. Non è la prima volta che una parte di storia viene sradicata dalla nostra terra e messa in commercio. Leggere simili annunci è un pessimo messaggio anche per l’immagine dell’intera comunità e per l’Italia, perché dà l’idea di un Paese ridotto alla stessa stregua di un outlet, che permette la vendita perfino di ciò che ha di più prezioso".

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