La Nuova Sardegna

“L’ospite”, cinica tv Lacrime e audience

di Gianni Olla
“L’ospite”, cinica tv Lacrime e audience

Il film di Caponio e Latini da lunedì nelle sale sarde

22 novembre 2014
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CAGLIARI. Se “Lo sciacallo” di Dan Gilroy – sugli schermi in queste settimane – esaspera, fino ad una neo “selvaggità” quotidiana, la passione dei telespettatori per lo “splatter” autentico degli incedenti stradali e degli omicidi, trasmissibili in diretta o quasi, “L’ospite” di Nunzio Caponio e Simeone Latini trasferisce il bisogno di provare il brivido dell’orrore nel comodo divano della propria casa, come aveva ipotizzato Ionesco in “Il rinoceronte”.

In pratica si può e si deve fare “splatter”, verbale, testimoniale e filmico-fotografico, all’interno della classica trasmissione con ospite. Il film, tratto da uno spettacolo teatrale – che confessiamo di non aver visto – degli stessi registi e attori protagonisti –– verrà presentato lunedì 24 novembre, a Cagliari, presso il cinema Odissea, alle ore 21.30, per poi circuitare nelle sale della Sardegna e del resto d’Italia. “L’ospite” è una produzione indipendente di Ottavio Nieddu, che racconta, appunto, una vicenda di spettacolarizzazione della tragedia di un uomo qualsiasi, capitato nel posto sbagliato al momento (storico) sbagliato. Tutto questo, all’interno di un programma, messo in onda da un tv cagliaritana, Canale 8, con ambizioni di alta audience e pochi risultati concreti. Il programma si chiama non a caso “storie maledette” (Damned Stories) ed è condotto dall’intrattenitore/giornalista di punta, Simeone Latini. Di fronte a se – e di fronte al pubblico delle case – avrà un signore che si chiama Hamhid (Nunzio Caponio), scampato al massacro di Srebrenica dove però hanno perso la vita la moglie e il figlio.

Rifugiatosi in Italia, si è risposato e gode di una vita tranquilla. Ma ha accettato, anche per denaro, di raccontare la sua odissea. Né il film vampiresco di Gilroy, né quest’ultimo titolo autarchico e ammirevole per professionalità tecnica e espressiva, spalancano le porte a grandi novità tematica. I numerosi precedenti, da “L’asso nella manica” di Wilder (1951) a “Quinto Potere” di Lumet (1976) – e il finale de “L’ospite” cita apertamente quel film memorabile e, per l’epoca, assolutamente scioccante – si annoverano ovviamente nel cinema hollywoodiano, innestati però in una società dello spettacolo ancora primitiva, perlomeno in Wilder. Il che potrebbe significare che, dai tragici greci ad oggi, passando per le celebri foto di omicidi del grande Weegee, che passava le notti, a New York, in attesa delle chiamate della polizia, il popolo/pubblico abbia sempre amato lo “splatter”, esplicito o implicito. Forse anche la grande trovata della neo televisione, presente appunto nel film di Lumet, è stata semplicemente l’espansione di questa “sete di sangue” – residuo delle civiltà preistoriche – alla vita quotidiana, cioè alla novellizzazione della realtà. D’altronde proprio questa teoria fu fatta propria anche in Italia, a partire dagli anni Ottanta, da illustri studiosi dell’avanguardia letteraria. Ma per tornare al film di Caponio e Latini, il limite dell’operazione non è certo di non essere al passo con i tempi, ma forse di accettarne la banalizzazione anche fuori dai contesti spettacolari, rendendo così tutta la prima parte ripetitiva e consueta fino alla noia.

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