La Nuova Sardegna

«I Casalesi a Villasimius? Cicu e Cau non sapevano»

di Mauro Lissia
«I Casalesi a Villasimius? Cicu e Cau non sapevano»

La difesa dell’ex poliziotto davanti al Riesame: «Revocate il sequestro dei beni» L’europarlamentare andrà dal pm appena i legali avranno in mano l’ordinanza

12 novembre 2014
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CAGLIARI. Quando, nel 2003, l’ex poliziotto Paolo Cau, l’allora sottosegretario alla Difesa Salvatore Cicu e il commercialista sindaco di Sestu Luciano Taccori hanno deciso di avviare una trattativa con alcuni imprenditori campani per vendere l’area della società Turicost a Villasimius, nessuno di loro sapeva che dietro i loro interlocutori d’affari ci fosse il potente e temibile clan camorristico dei Casalesi: l’ha sostenuto l’avvocato Guido Manca Bitti, che difende Cau dall’accusa di riciclaggio nell’inchiesta con diciassette indagati condotta dal Gico per la Dda di Cagliari che ha portato per ora al sequestro di beni e valori per milioni ad alcuni dei presunti protagonisti della vicenda. Il legale ha discusso a lungo la posizione di Cau davanti al tribunale del Riesame presieduto da Massimo Poddighe, cui ha ricorso per ottenere il dissequestro dei beni deciso il 13 ottobre scorso dal gip Giuseppe Pintori su richiesta del pm Emanuele Secci. Per la difesa anche il patrimonio di Cau sarebbe stato accumulato legittimamente attraverso investimenti e ricorso a mutui bancari della società dell'ex poliziotto. Di avviso opposto l'accusa che, col pm Secci, ha confermato punto per punto gli elementi che dimostrano la sproporzione tra redditi dichiarati e beni che hanno portato alla richiesta di sequestro. Ma soprattutto - secondo il difensore - l’affare Turicost nei suoi vari passaggi tecnici si sarebbe svolto in maniera legale.

Cau è stato il solo a ricorrere al Riesame. Taccori - attraverso l’avvocato Franco Luigi Satta - ha rinunciato dopo aver presentato l’istanza, mentre l’avvocato Michele Schirò, che difende Cicu, non ha presentato ricorso ma ha dato la «piena disponibilità» a sostenere l’esame da parte del pm Secci «non appena saranno messe a disposizione della difesa le carte su cui è fondata l’accusa di riciclaggio» di cui deve rispondere anche l’attuale europarlamentare del centrodestra.

Termini di scadenza alla mano, i giudici decideranno con ogni probabilità giovedì prossimo sull’istanza di dissequestro, che riguarderà in ogni caso il solo Cau. Contro un eventuale provvedimento negativo la difesa potrà rivolgersi alla Corte di Cassazione. Altri ricorsi al Riesame dovrebbero arrivare al tribunale di Cagliari da parte di altri indagati campani colpiti dal provvedimento del gip Pintori.

Per il Gico della Guardia di Finanza Salvatore Cicu, più volte indicato come possibile candidato alla presidenza della Regione sarda, sarebbe stato insieme all'ex sindaco di Sestu Luciano Taccori uno dei soci occulti della "Turicost srl" costituita nel 2001 con sede a Sestu, amministrata dal consigliere comunale sestese Paolo Cau, che secondo l'accusa avrebbe ceduto ai camorristi l’area destinata alla costruzione del resort S'Incantu, successivamente realizzato a Villasimius, per un milione di euro, incassati in contanti e soprattutto con la piena consapevolezza della provenienza. A confermarlo il fatto, accertato dalle Fiamme Gialle, che a portare a Cagliari una parte dei soldi, 400 mila euro chiusi in una borsa, sia stato il noto camorrista Gennaro Chierchia, rimasto successivamente ucciso in un agguato a Gragnano, in provincia di Napoli. Altri soldi sono arrivati in Sardegna, secondo l'indagine, attraverso un giro di società organizzato per schermare l'operazione illegale. Appena prima che il denaro arrivasse Ugo Cappellacci, amico di Cicu, aprì una cassetta di sicurezza alla Bnl di Largo Carlo Felice - cointestata a Cau - che però, ha spiegato l’ex governatore al pm, non venne mai utilizzata.

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