La Nuova Sardegna

CAGLIARI

I signori delle energie rinnovabili chiedono 6 miliardi alla Regione

di Mauro Lissia
I signori delle energie rinnovabili chiedono 6 miliardi alla Regione

Il Savi sottopone alla valutazione d’impatto ambientale i progetti di centrali solari termodinamiche. Le società pretendono risarcimenti

07 novembre 2014
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CAGLIARI. Guai fermare i signori delle energie rinnovabili, si corre il rischio di affrontare richieste di risarcimento che assomigliano a una manovra finanziaria. Accade alla Regione: congelati e sottoposti a Via - valutazione d’impatto ambientale - perché considerati pericolosi per l’ambiente i progetti del termosolare-termodinamico che dovevano essere realizzati nell’isola a cavallo del 2015, il dirigente dell’ufficio Savi Gianluca Cocco si è trovato sulla scrivania quattro ricorsi in cui i legali delle imprese fanno i conti del danno presunto arrecato alle rispettive società, candidate per il ritardo delle autorizzazioni a perdere gli incentivi statali. Il totale? Quattro miliardi e mezzo di euro, la cifra strabiliante che risulta mettendo insieme il profitto che ciascuna società avrebbe realizzato nell’arco di vita dell’impianto, quello che in termini giuridici si chiama lucro cessante.

Il contenzioso. L’importo colossale rappresenta la somma di tutti i contenziosi che riguardano impianti di produzione di energia col sistema del termosolare-termodinamico, ma a questi vanno aggiunti i progetti legati all’eolico, rallentati anche da norme confuse e sovrapposte: nel complesso sono risarcimenti per altri due miliardi. Se quindi, per un’ipotesi malaugurata, la Regione dovesse perdere tutte le controversie in corso, dalle casse di viale Trento dovrebbero uscire sei miliardi e mezzo, più o meno il bilancio di un esercizio finanziario. Il che rende l’idea degli interessi economici che gravano sull’ambiente della Sardegna. Ma non è finita: sono anni ormai che i promotori dei progetti cercano di addebitare all’amministrazione sarda un costo politico da pagare per i «no» e le condizioni imposti dal Savi - il servizio che valuta l’impatto ambientale degli interventi - alle iniziative legate all’industria dell’energia. Esattamente un anno fa è stato l’autorevole Sole 24 ore, il quotidiano della Confindustria, a lanciare l’allarme per quel «miliardo bloccato nei cassetti», l’investimento che doveva portare in Sardegna quattro impianti e le immancabili centinaia di posti di lavoro. Progetti che stavolta non hanno trovato solo l’ostacolo del Savi, ma soprattutto quello della popolazione.

160 ettari. È il caso del mega termosolare che la Energogreen Renewables srl vorrebbe mettere in piedi nel territorio di Giave-Cossoine: chiesta la verifica di assoggettabilità a Via - valutazione d’impatto ambientale - nel luglio 2012, il progetto da 30 megawatt da costruire su 160 ettari in area agricola, costo preventivato 180 milioni, si è arenato davanti alla protesta generale, tra raccolte di firme e manifestazioni di piazza. Il Savi ha rilevato pesanti criticità, ha imposto la Via e i legali dell’impresa si sono rivolti al Capo dello Stato con un ricorso straordinario nel quale le resistenze trovate in Sardegna vengono definite «anacronistiche e ingiustificate battaglie di retroguardia». La richiesta? 969 milioni di euro, la cifra che - secondo i legali - la Energogreen avrebbe guadagnato producendo ogni anno 125 milioni di chilowatt, per un profitto di 19 milioni e 800 mila euro moltiplicato per i 25 anni coperti dagli incentivi statali.

Il lucro cessante. Per capire il ragionamento contenuto nel ricorso: cara Regione, se mi dai subito l’ok alla realizzazione dell’impianto noi guadagniamo tanto e voi vi prendete i posti di lavoro. Altrimenti, se la valutazione d’impatto ambientale ci fa perdere tempo, versate nelle nostre tasche tutto quello che ci avete impedito di guadagnare. Quello di Campu Giavesu è solo un esempio, perché i progetti sono quattro, tutti congelati dal Savi e di conseguenza oggetto di ricorso per risarcimento danni: due riguardano un impianto termosolare-termodinamico da 50 megawatt da costruire tra Gonnosfanadiga e Guspini e un altro impianto gemello destinato a Villasor, località Riu Porcus e Su Pranu, ancora dalla Energogreen Renewables srl. Infine un impianto sempre da 50 megawatt progettato tra Giave e Bonorva dalla Sunwise Capital Ltd. C’è poi un quinto progetto, di dimensioni minori, presentato dalla Sardinia Green Island a Vallermosa.

La Via in corso. Attenzione: l’orientamento generale sembra essere quello di rispedire i progetti al mittente. Ma ad oggi l’operazione termosolare-termodinamico in Sardegna può definirsi sotto giudizio: le procedure di Via sono in corso, nessuno può dire come si concluderanno. Per come si sono messe le cose, le richieste di risarcimento hanno l’aria di essere strumenti di pressione sull’ufficio Savi, che ormai da anni si trova sotto l’assedio di imprese miliardarie, impegnate in un assalto all’ambiente sardo che mai come in questi anni è stato così cruento. Assalto che sembra arrivare da più fronti, perché un parere del ministero dell’Ambiente - contro il quale si sono schierate le associazioni ecologiste - sembrerebbe utile a sfilare la competenza sulla Via alla Regione per assegnarla direttamente allo Stato. A patto che il progetto sia unico, corrisponda cioè a un’operazione d’investimento sulla Sardegna riconducibile a una sola matrice imprenditoriale. Non sembra il caso dei progetti oggi in ballo. Eppure l’allarme è suonato fra gli ecologisti, il timore è che la Regione venga scavalcata in nome dell’interesse privato.

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