La Nuova Sardegna

La crociata di don Luca contro le minigonne tra veti e anatemi

di Paolo Merlini
La crociata di don Luca contro le minigonne tra veti e anatemi

Gesico, alla messa di lunedì ha celebrato assieme a un altro sacerdote che ha lanciato una maledizione contro i nemici del parroco

26 ottobre 2014
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INVIATO A GESICO. Di minigonne in giro per il paese neanche l’ombra, ma il cartello all’ingresso della chiesa del XV secolo parla chiaro: «La gonna deve arrivare al ginocchio. Non costringete il parroco a cacciarvi», recita la didascalia di un disegno che raffigura due sagome femminili: una con maglietta e gonna “regolari”, l’altra con la gonna più corta, e con differenti possibilità di lunghezza, sempre proibite. Anche le spalle scoperte sono vietate. «È più chiaro?», è scritto ancora nel manifesto. Se non bastasse, nel caso una malcapitata dovesse entrare in canottiera scatterebbe l’intervento delle fedeli più affezionate al parroco, che offrono teli bianchi da posare sulle spalle e nascondere così ulteriori centimetri di pelle nuda.

Accade in una chiesa cattolica e non in una moschea musulmana, e non è il primo caso (in Vaticano, per esempio, ma l’invito a non scoprirsi è esteso anche agli uomini). Solo che a Gesico, 800 anime nella Trexenta più profonda, da quindici anni si assiste a un braccio di ferro fra il parroco Luca Pretta e una larga parte della popolazione. Anziché unire, don Luca divide i paesani, persino intere famiglie, e alimenta polemiche. Contro il sacerdote tradizionalista (recita la messa in latino, dando le spalle al pubblico, come prima del Concilio Vaticano II), c’è l’intera giunta guidata da Rodolfo Cancedda, sindaco di area Pd al suo quarto mandato. Sono con lui il vice sindaco Pietro Bonu e i due giovani assessori alle politiche sociali Valentino Cocco e alla cultura Stefania Contu (entrambi ventiseienni). «Passi per il disegno – dice il sindaco – ma perché usare il termine “cacciare”? La mia impressione è che don Luca volesse ancora una volta far parlare di sé. E poi quelle catene davanti al sagrato, o la scritta proprietà privata un po’ ovunque, ma insomma! A parte che quel sagrato è stato restaurato con soldi pubblici, è un segnale di chiusura verso la comunità. E pensare che quando è arrivato 15 anni fa siamo andati a riceverlo come un papa, mancava solo la banda».

L’oratorio della discordia. «I problemi sono cominciati poco dopo», dice Carlo Carta, presidente della Pro loco e ispiratore della pagina facebook “Indignati per Gesico”, dove le avventure di don Pretta tengono banco. «Nel 2001 decise di intitolare l’oratorio a don Giuseppe Atzori, che era stato il parroco di Gesico dal 1906 al 1946. Fu allontanato perché sospettato di abusi sessuali su minori. Qualche anno dopo fu assolto per insufficienza di prove. Quale sia stato l’esito giudiziario, in paese Atzori non è popolare neppure oggi, a tanti anni di distanza, e l’intitolazione è parsa una provocazione».

Reliquie all’asta. Ma era solo l’inizio. Tre anni fa, in occasione della festa del compatrono sant’Amatore, in paese è arrivato un reparto di carabinieri in assetto antisommossa per proteggere il sacerdote da una mezza sollevazione popolare. Al centro della disputa, la sua volontà di separare la tradizionale sagra delle lumache dai festeggiamenti del santo, che da oltre vent’anni si svolgono in contemporanea ad ottobre, e spostare le manifestazioni religiose a una settimana dopo. Ma non era andata meglio quando don Luca aveva deciso di mettere in vendita frammenti delle reliquie di sant’Amatore (Amadu in sardo), a cento euro la teca. Tutto per finanziare lavori di restauro della chiesa. Era bastata la dura protesta dei compaesani a convincere il sacerdote a fare marcia indietro.

Funerali in trasferta. C’è poi il problema del catechismo: molti genitori mandano i bambini nel paese più vicino, Suelli. Ma accade anche per i matrimoni e i funerali. Nel 2013 due riti funebri sono stati celebrati in altre parrocchie, con rientro in paese per la sepoltura.

L’ultimo episodio è di lunedì 20, al termine dei festeggiamenti . Don Luca ha invitato un collega sacerdote a celebrare la messa con lui, e questi si è sentito in dovere di difendere l’amico. Si chiama Vilmar Pavesi, è nato in Brasile ma vive da tempo a Verona. Quarantenne come don Luca (originario di Nuraminis), celebra anche lui secondo il rito pre-Concilio. È vicino al pensiero dei lefevriani. E della Lega: propugna da tempo una nuova Crociata. Al momento del saluto ai fedeli, al posto del consueto “andate in pace”, ha tuonato: «L’anno prossimo sarò a Gesico per sant’Amatore e molti non ci saranno più. Come sappiamo, qui don Luca ha molti nemici. Che i loro figli rimangano orfani e le loro mogli vedove». Un anatema non da poco. Don Luca è sbiancato, si è scusato con i fedeli. Le sue supporter (come Maria Tarsilla e Simona Sanna) minimizzano, assicurano che don Pavesi ha citato un passo della Bibbia. Giurano che don Luca è un ottimo prete, vittima di odio ingiustificato. Ma a molti abitanti di Gesico sembra di essere tornati al medioevo.

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