La Nuova Sardegna

I soldi dei clan per la Tu.ri.cost

Le accuse per il leader politico vanno dal riciclaggio alla turbativa d’asta

25 ottobre 2014
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CAGLIARI. Ora che l’inchiesta è esplosa sui mezzi d’informazione, Salvatore Cicu ha la legittima fretta di uscirne indenne. Ieri mattina l’europarlamentare di Forza Italia ha nominato difensore l’avvocato Michele Schirò, responsabile giustizia del Pd. Con lui valuterà la linea difensiva partendo da una certezza: si corre subito dal pm Emanuele Secci, prima ancora che tutti gli atti del procedimento siano conoscibili, per chiarire ogni aspetto della vicenda, nella speranza di farcela. Cicu è accusato di riciclaggio e turbativa d’asta, imputazioni che si spiegano con la lettura dell’ordinanza del giudice Pintori: il politico quartese avrebbe contribuito nel 2002 a convincere la vincitrice dell’asta per i terreni di Campulongu a farsi da parte, mettendo sul piatto argomenti chiari. L’obbiettivo principale era il lotto 3, quello più pregiato sotto il profilo delle prospettive immobiliari.

Le accuse di riciclaggio e di impiego di denaro di provenienza illecita sono legate alla ricezione e al reimpiego - secondo il gip - dei soldi versati dai clan camorristici in cambio della Tu.ri.cost. Ma se per Paolo Cau il giudice manifesta la certezza che fosse a conoscenza della «provenienza delittuosa» del denaro, per Luciano Taccori e Cicu il magistrato sostiene il reato solo in termini di dolo eventuale. Per quanto, osserva il giudice, le modalità della consegna dei 400 mila euro e l’identità del corriere sembrerebbero indicare che tutti sapessero. Taccori - che sarà difeso dall’avvocato Franco Luigi Satta - deve far fronte alle stesse accuse come Cau, che ha nominato Guido Manca Bitti. Gli indagati sono in tutto 17 e le loro posizioni sono riferite all’operazione Tu.ri.cost e ad altri passaggi sospetti di denaro. Dall’ordinanza emerge con chiarezza lo straordinario impegno investigativo da parte degli uomini del Gico e della Dda: intercettazioni telefoniche, pedinamenti in Sardegna e in Campania, ricerche di atti e documenti notarili e bancari nell’arco di quattro anni di indagini che per ora hanno condotto al sequestro di beni immobili, conti correnti, terreni e proprietà per quasi venti milioni di euro.

Ora spetta ai difensori decidere se ricorrere o no al tribunale del riesame per il dissequestro dei beni, mentre l’inchiesta giudiziaria - almeno a quanto appare nell’ordinanza - dovrebbe essere ormai arrivata alla conclusione. (m.l)

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