La Nuova Sardegna

Da Olbia a Genova le cause del disastro

di ANTONIO CANU
Da Olbia a Genova le cause del disastro

Intellettuali e vignettisti contro il progetto del governo Renzi «Fare cambiare verso all’Italia sì, ma non con il cemento»

16 ottobre 2014
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ANTONIO CANU. S'intitola "Rottama Italia" ed è un libretto di 112 pagine, scritto in una manciata di giorni grazie alla partecipazione di sedici personalità della politica e della cultura e di dodici disegnatori satirici e vignettisti. Un libretto che si può scaricare liberamente dal sito l'Altreconomia Edizioni, che lo ha realizzato.

Il titolo allude ad uno dei primi slogan vincenti dell'attuale primo ministro, Matteo Renzi, il quale, però, questa volta, invece di rottamare il vecchio, lo ripropone, addirittura peggiorandolo. Il libretto è infatti un duro atto d'accusa a quanto previsto dal decreto legge del 12 settembre, numero 133, battezzato “Sblocca Italia” (quarantacinque articoli complessivi), considerato dagli autori del testo edito da Altraeconomia una «minaccia per la democrazia e per il nostro futuro», come si legge nel sottotitolo.

Tanta durezza è figlia di una grande delusione. In molti settori della società e della cultura italiana si era accesa la speranza di una stagione nuova, attesa da anni. Una stagione che finalmente ponesse lo straordinario patrimonio naturale, paesaggistico, storico e artistico del Paese tra gli elementi centrali delle strategie del governo. Un patrimonio tanto ricco quanto vulnerabile, già impoverito da politiche di saccheggio, di svendita, di brutale mortificazione, a cui non si può più rimediare.

Scrive nel pamphlet Carlo Petrini, fondatore di Slow Food: «Sono già oltre quarant’anni che attentiamo quotidianamente al futuro dell’Italia. Anzi, Pier Paolo Pasolini già più di quarant’anni fa aveva detto e scritto in tal senso. Questo corpo fragile, martoriato da anni di politica infame, di interessi anche criminali, di un senso civico troppo spesso ai limiti dell'indecenza, oggi è debilitato al punto di rischiare il definitivo collasso». Anche le vittime e i danni provocati dalle ondate di maltempo – sia quelle di questi giorni, a Genova e nel Nord Italia, sia quelle comunque recenti, a partire dalla terribile alluvione dello scorso anno in Sardegna – sono la conseguenza di un territorio che non assorbe più gli eventi, che non ha più gli spazi necessari per rallentare la violenza dell'acqua, che non è più un sistema di difesa ma un acceleratore di disastri. Sarebbe dunque tempo di dare una centralità strategica alla tutela e alla manutenzione del territorio, alla ricostruzione dei tessuti ambientali, alla prevenzione, piuttosto che alle strategie di recupero delle emergenze, sempre più costose e non sempre efficienti, per mille motivi.

L'Italia, per ripartire ha bisogno di un grande cantiere verde, suddiviso in priorità, pianificato, controllato, trasparente. Lo spiega bene il curatore del libro edito da Altraeconomia, Tomaso Montanari, docente di Storia dell'Arte moderna all’Università di Napoli Federico II: «Vogliamo che l'Italia cambi verso. Ma davvero. Vogliamo un Paese moderno. E cioè un Paese che guardi avanti. Un Paese che sappia distinguere tra cemento e futuro. E scelga il futuro. Vogliamo un Paese in cui chiamiamo sviluppo ciò che coincide con il bene di tutti, e non con l'interesse di pochi».

Lo Sblocca Italia contro l’interesse comune. Come scrive in “Rottama Italia” Paolo Maddalena, già vicepresidente della Corte Costituzionale, il decreto del governo Renzi poggia su un equivoco di fondo: «Sull’idea che l'interesse all'esecuzione delle opere possa prevalere su fondamentali interessi direttamente tutelati dalla Costituzione». Il cuore del decreto sono le deroghe alle normative ordinarie di tutela del paesaggio e dell’ambiente, gli interventi sul territorio e sul demanio da parte di privati e dei concessionari autostradali, il depotenziamento delle procedure di valutazione ambientale. Sembra che la colpa dei mali del Paese, il limite allo sviluppo, siano l'assenza di infrastrutture, i vincoli di tutela, la “burocrazia” perversamente praticata da chi ha il dovere di far rispettare i vincoli. E invece il problema è che l’Italia è un Paese dove si è costruito in modo sbagliato e dove le strutture di vigilanza (che hanno bisogno di una nuova e più efficiente organizzazione) hanno lavorato nell’emergenza – come il caso Genova dimostra in maniera lampante – perché senza risorse e senza strumenti.

Cambiare verso sì, allora. Ma in una direzione diversa rispetto a quella indicata dallo Sblocca Italia.

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