La Nuova Sardegna

Omicidio Dore, avvocati all'attacco: prove inquinate

di Valeria Gianoglio
Omicidio Dore, avvocati all'attacco: prove inquinate

Nuoro, a sorpresa spunta il nastro adesivo con cui fu legata la vittima. I legali dell'imputato Francesco Rocca: «Era custodito alla rinfusa, busta neppure sigillata e priva di qualsiasi timbro»

03 ottobre 2014
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NUORO. «Abbiamo fatto numerose telefonate, chiesto in diversi uffici, e alla fine abbiamo scoperto che il nastro adesivo era qui da noi, custodito nell’ufficio corpi di reato». Il presidente della corte d’assise, Antonio Luigi Demuro, lo ammette all’inizio dell’udienza di ieri, che dopo tanto affannarsi per far arrivare da Roma il tristemente celebre scotch che aveva avvolto Dina Dore il 26 marzo del 2008, la corte ha scoperto che il reperto così prezioso era in realtà a pochi metri dai giudici.

I sub-reperti dovrebbero essere quattro, dunque, e ognuno avrebbe dovuto essere conservato in un contenitore tutto suo. E invece si scopre che con molta superficialità sono stati messi insieme a due a due in due buste di plastica chiuse a caldo, senza pensare al rischio di inquinare i quattro reperti.

Gli avvocati Mario Lai e Angelo Manconi dopo aver constatato per l’ennesima volta una falla nelle indagini e nel metodo, partono all’attacco, decisamente infastiditi. «Lo stato nel quale sono stati conservati reperti come preziosi come quei nastri di scotch è la spia della superficialità che ha contrassegnato l’intera indagine».

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