La Nuova Sardegna

Solo mille a marciare su Cagliari la rivolta dei pastori non fa paura

di Umberto Aime
Solo mille a marciare su Cagliari la rivolta dei pastori non fa paura

Il popolo dei fazzoletti blu punta verso il palazzo della Regione, ma la partecipazione è ridotta Confermato l’incontro di sabato con il governatore Francesco Pigliaru e l’assessore Elisabetta Falchi

24 settembre 2014
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CAGLIARI. Solo mille, i pastori in piazza. Troppo pochi? Sì. Il Movimento sperava nel doppio, i capipolo più ottimisti in «almeno quattro volte tanto». Il corteo dalla statua di Carlo Felice al Palazzo della Regione doveva essere molto più imponente, ma il grosso della truppa è rimasto dov’è da sempre: negli ovili, a spaccarsi la schiena come fa ogni santo giorno. Di certo gli assenti non sono scesi a Cagliari per scarsa volontà, o sfiducia nel capo dei capi, Felice Floris al solito sferzante, duro e concreto. Non c’è stato un ammutinamento provocato da un credo ridimensionato nelle rivendicazioni, negli slogan, nelle accuse lanciate «ai vigliacchi della politica che sfuggono al confronto» e neanche nelle storiche parole d’ordine e comizi urlati dal solito camion Iveco, stavolta persino esagerato viste le presenze certificate dalla questura: novecento. No, nella lotta, nella rabbia delle campagne, in quel loro essere guerrieri da una vita continua a crederci anche chi non c’era e «siamo pronti a dimostrarlo», ha fatto sapere chi da Orune, Nule o Villacrido ha sostenuto di essere partito con «una ventina di deleghe nella bisaccia». Eppure qualcosa non deve aver funzionato nel passaparola fra i fazzolettoni azzurri dopo le affollate assemblea di mezza estate che avevano credere ai più un «oceano di persone» a settembre. Vai tu, vado io, ma alla fine in pochi sono saliti sui pullman. Altri potrebbero aver rinunciato per paura: gli scontri del 2010, allora sotto il Consiglio regionale, sono una ferita ancora, ma stavolta non è accaduto nulla. Altri forse sapevano da giorni che il massimo del risultato sarebbe stato quello già scritto e ottenuto una settimana fa, questo: sabato mattina, sempre a Cagliari, ci sarà l’incontro con il governatore e anche l’assessore all’Agricoltura, ieri assenti, e rappresentanti dal capo di gabinetto della presidenza, Filippo Spanu, tra l’altro perfetto nell’incontro volante con la delegazione. Forse per questi e altri diecimila motivi troppi pastori non si mossi da casa. Ma sarebbe comunque sbagliato e frettoloso sostenere: la manifestazione è stata una prova muscolare pensata bene però riuscita male. Chi c’era ha dato il massimo, per dimostrare che nelle campagne «c’è un popolo incazzato», in alcuni casi disperato, perché «siamo trattati male da una politica caddaiona», che sta per lenta e pasticciona. Hanno poi detto, in mille, che «saranno 200 i milioni portati via alla Sardegna dopo l’ultima spartizione dei fondi europei fra le regioni, perché chi ci governa non sa sbattere i pugni a Roma e Bruxelles». Poi se la sono presa con i vaccini contro la Blue Tongue: «Li hanno fatti diventare uno sporco affare. Altro che manna arrivata dal cielo, da quattordici anni sono la nostra persecuzione». Chi c’era ha fatto davvero l’impossibile perché Carlo Felice impugnasse il bandierone del Movimento, riuscendoci. Per poi ripetersi in un’altra balentia: issare con successo e solennità lo stesso vessillo sul primo pennone istituzionale del Palazzo, quello da sinistra a destra, davanti alle Stelle Europee, al Tricolore e ai Quattro Mori. Piccole soddisfazioni? Forse ma importanti, significative, insieme a quella di aver fatto uscire almeno due volte il corteo dal tracciato imposto dalle forze dell’ordine, che avevano già vietato trattori e animali al seguito e anche gli scarponi con la punta rinforzata.

Dopo quattro ore e poco più di marcia, il Movimento ha accettato la proposta di partecipare al vertice di questo fine settimana. «È a quel tavolo – ha detto Felice Floris nell’ultimo comizio della giornata – che presenteremo la nostra piattaforma in dieci punti, per andare oltre l’emergenza, pensare finalmente in grande, siamo o non siamo noi la prima forza lavoro della Sardegna? Ci aspettiamo anche che la Regione punti sui giovani altrimenti sarà il deserto e a tirarci fuori non basteranno più neanche gli indennizzi. Devono ascoltarci, perché qui e in tutti gli ovili siamo noi la voce vera dei pastori, non le altre organizzazioni che pensano solo alle tessere e al potere». Dichiarazione presuntuosa di fronte a un corteo ristretto al minimo garantito? Può essere ma chi guida il Movimento ha una certezza: «Dal vertice di sabato ci aspettiamo risposte concrete punto per punto. Non solo parole. Altrimenti ritorneremo e la prossima volta con trattori, cavalli e pecore. Perché altrimenti, vedrete come la gente che non c’è oggi, ci sarà domani e allora saranno dolori per tutti». È una minaccia? «No, una promessa».

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