La Nuova Sardegna

Psichiatria, la terapia si fa in montagna

di Paolo Merlini
Psichiatria, la terapia si fa in montagna

Tra i Tacchi d’Ogliastra un convegno itinerante di quattro giorni per medici, infermieri e pazienti promosso dall’Asl 6

07 settembre 2014
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INVIATO A OSINI. Al soggiorno in un resort a cinque stelle hanno preferito un campeggio, a quasi mille metri d’altezza, immerso tra i lecci delle montagne che circondano Osini, sulla via per la ripida Scala di San Giorgio. Sono convegnisti un po’ particolari, del resto, i 250 che sono arrivati in questa parte d’Ogliastra per confrontarsi su un tema affascinante quanto insolito: la montagna terapia. Sono persone con disturbi psichiatrici, esperti di montagna, operatori della salute mentale e volontari. Sono arrivati alla spicciolata giovedì dal dipartimento di salute mentale dell’Asl di Sanluri, che ha organizzato l’evento, e da varie Asl dell’isola e del continente per prendere parte a un convegno sul campo nel pieno del senso del termine, perché gli appuntamenti previsti nell’arco di quattro giorni si sono svolti all’aperto e al termine di faticosi percorsi di trekking tra i Tacchi di Osini, Ulassai e Ussassai. «Sentieri di libertà», lo hanno chiamato, e la frase compare sulle magliette rosse che vengono consegnate ai partecipanti al momento della registrazione e che tutti indossano indistintamente, proprio per sottolineare come i rispettivi ruoli passino in secondo piano. Esistono, ovviamente, ma anche qui si assiste a una singolare mutazione. Alessandro Coni, lo psichiatra che dirige il dipartimento di salute mentale di Sanluri, non ama termini come “riabilitazione” e preferisce parlare di “abilitazione”. E per lui i ragazzi e gli adulti che in qualche caso segue da anni non sono “pazienti”, ma “guarenti”. In più di un caso “guariti” veri e propri.

La montagna terapia è un progetto che nasce, un po’ per caso e un po’ per follia, nel 2006, proprio nel dipartimento diretto da Coni, 50 anni, psichiatra di formazione junghiana, su suggerimento di due infermieri del centro di salute mentale appassionati di trekking. «L’escursione doveva essere un regalo per alcune persone che seguivamo, ma ci siamo resi subito conto che poteva funzionare anche come terapia». Erano persone con patologie importanti, giovani perlopiù, reduci da terapie farmacologiche pesanti.

Ridotti i farmaci. Alla prima uscita ne sono seguite tante altre, alcune con percorsi di trekking particolarmente difficili, come quello durato tre giorni nelle falesie del Supramonte di Baunei, nel 2009, raccontato nel film “Semus fortes” di Mirko Giorgi e Alessandro Dardani, che hanno seguito passo dopo passo l’esperienza della montagna terapia. Oggi le uscite del gruppo sono una ventina l’anno quando si limitano a una giornata, quattro o cinque quando durano più giorni. E la montagna terapia è diventata un modello per i centri di salute mentale più avanzati in tutta Italia. Riguardo ai farmaci, cosa è accaduto? «Stando a contatto gli uni con gli altri – dice Coni – , senza bisogno di nascondere il proprio problema, le persone hanno acquisito consapevolezza di se stessi e hanno via via ritrovato la propria dignità. Hanno rotto l’isolamento con il mondo e si sono messi in gioco. E non hanno avuto bisogno di essere narcotizzati, come in genere accade. In queste esperienze le persone possono continuare a prendere i farmaci, ma in misura adeguata, per combattere l’ansia o stabilizzare l’umore, senza assumere dosi eroiche».

Costi e benefici. Ma non c’è una percentuale di rischio, anche fisico, nel trekking? «Abbiamo fatto sempre percorsi impegnativi, dove il rischio è un elemento presente, ma del resto non è pensabile che una psicoterapia non sia rischiosa. Anzi, serve a capire che i pericoli fanno parte della vita. Ci si mette in gioco, il medico e la persona con il disagio, in studio come in montagna, altrimenti la terapia è sbagliata in partenza». Alessandro Coni ci crede a tal punto che nel 2009 ha portato nove dei suoi ragazzi in Nepal, a 5000 metri. E i costi? «L’Asl di Sanluri, che ha sempre creduto nel nostro progetto, aveva stanziato 40mila euro. Il progetto trekking nel suo complesso invece costa 15mila euro l’anno per venti persone, cifra che corrisponde al ricovero di un solo paziente per un mese in ospedale o di tre mesi in un comunità terapeutica».

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