La Nuova Sardegna

Collezione Borowski, dal mercato nero a un museo in Israele

di Luca Fiori

Nel patrimonio di un polacco reperti sardi trafugati Esposti in Germania nel 1980, ora sono a Gerusalemme

26 luglio 2014
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SASSARI. Quello che oggi fa scandalo ed è materia di interrogazioni alla Camera, qualche anno fa era motivo di orgoglio nazionale. Fu una mostra epocale che si svolse a Karlsruhe in Germania, tra il 18 aprile ed il 13 luglio del 1980, a far conoscere i bronzetti sardi a tutto il mondo. Un evento che fece seguito ad una dozzina di altre mostre in altrettante città europee e che mostrò pubblicamente l’arte e la cultura della Sardegna dal neolitico fino alla fine dell'epoca nuragica, anche attraverso materiale di dubbia provenienza.

Tra le opere che vennero esposte spiccava infatti la collezione privata di Elie Borowski, un mercante d'arte polacco di religione ebrea che fece conoscere 89 pezzi unici di epoca prenuragica e cultura nuragica al mondo intero, compresi la Sardegna che di quelle statuette create dai progenitori dei sardi era stata derubata. «Il fatto che si tratti di reperti trafugati - spiega Antonello Gregorini direttore di Nurnet - lo si può evincere dalle parole dello stesso Borowski che in una conversazione raccontò: alla fine degli anni cinquanta, durante un mio soggiorno a Basilea, mi arrivò una telefonata da un giovane che conoscevo superficialmente. Mi chiese con insistenza di incontrarmi, mi portò un pacco avvolto in molti strati di carta di giornale che con accuratezza sciolse dall’involucro, finché non venne fori una statuetta di bronzo fortemente deteriorata».

La mostra di Karlsruhe comprendeva nel 1980 tre grandi aree contributive: i bronzetti provenienti dai musei nazionali di Cagliari e Sassari, quelli in prestito da musei sparsi nel mondo (da Cincinnati fino a Leningrado), e quelli provenienti da collezioni private. Tra queste quella di Borowski. La sua collezione era talmente importante che venne catalogata. Rossella Maltinti, cagliaritana, da 35 anni a Monaco di Baviera ha tradotto il catalogo dal tedesco all’italiano. «La sua collezione, iniziata nel 1960 e progressivamente ampliata - spiega l’informatica appassionata di archeologia - poteva vantare certi oggetti che nemmeno nei musei di Cagliari e di Sassari trovavano riscontro. Nel 1990 la collezione venne divisa e oggi può essere ammirata in modo completo su alcune pubblicazioni tedesche». Poco prima di morire il mercante d’arte lasciò buona parte della sua collezione al “Bible Lands Museum Jerusalem”, il museo da lui stesso fondato. Altre statuette della collezione Borowski si trovano a Monaco, di altri pezzi si sono perse le tracce. Un anno fa, con lo scopo di promuovere la cultura pre e nuragica, è nata, da sessantanove soci fondatori, la Fondazione Nurnet - La rete dei Nuraghi. «Il nostro auspicio - spiega Antonello Gregorini - è che l'emorragia di tesori della nostra storia possa avere fine e che magari prima o poi qualche reperto possa tornare definitivamente in Sardegna».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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