La Nuova Sardegna

Intesa ingloba la Banca di credito sardo

di Alfredo Franchini
Intesa ingloba la Banca di credito sardo

Spariranno insegne e consiglio di amministrazione. Mazzella: «Fusione giusta, resta la stessa politica del territorio»

25 luglio 2014
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CAGLIARI. Autunno non caldo ma sicuramente di grandi cambiamenti per la Banca di credito sardo che sarà inglobata dalla capogruppo, il colosso Intesa Sanpaolo. C’è la delibera del Consiglio d’amministrazione della banca nata sulle ceneri del vecchio «Cis» e ora si attende l’approvazione del piano da parte della Banca d’Italia: il via libera arriverà a settembre e, con tutta probabilità, (la notizia non è confermata), spariranno le insegne della Bcs dalle filiali e dalle agenzie per far posto al colore verde di Intesa Sanpaolo. Con la fusione, per i clienti dell’istituto di credito non cambia niente e lo stesso vale per i dipendenti perché l’operazione non va a incidere sull’organizzazione dei 1.020 lavoratori della Sardegna. Per essere chiari, l’operazione non comporterà alcun esubero. La strategia mira semplicemente alla riduzione dei costi e quindi all’eliminazione del Consiglio d’amministrazione che oggi è presieduto da Giorgio Mazzella. Presidente da quattordici anni, Mazzella afferma: «Condivido la fusione. In tempi di crisi, quando ogni passaggio in più diventa un costo per le imprese, si deve pensare a snellire». Mazzella rigetta l’ipotesi che possa cambiare la politica creditizia della banca sul territorio dopo che negli ultimi anni la Banca di credito sardo è sempre stata presente, con svariate iniziative, in tutte le province: «Verrà costituito il Consiglio del territorio, con rappresentanti delle categorie del mondo produttivo, imprenditori, accademici», spiega Mazzella, «del resto, abbiamo potuto fare alcune operazioni solo grazie a Intesa». Il Consiglio del Territorio, assicura Giorgio Mazzella, sarà importante come cinghia di trasmissione tra il vertice sardo e la capogruppo. Il rapporto della banca diretta da Pierluigi Monceri e il mondo delle imprese è strettissimo: «E rimarrà così», assicura Mazzella, perché le decisioni sull’erogazione del credito saranno sempre prese in Sardegna, mentre per le grandi operazioni finanziarie, soprattutto se riguardano imprese esportatrici all’estero, è bene che ci sia il marchio Intesa». È comunque l’ultimo capitolo della banca che nacque come Credito industriale sardo per svolgere un ruolo complementare rispetto al Banco di Sardegna.

Il Cis, sull’orlo del fallimento agli inizi degli anni Ottanta per la forte esposizione della chimica di Rovelli, fu messo in sicurezza da Paolo Savona e poi divenne «Banca Cis» agli inizi degli anni Novanta con le partecipazioni del Tesoro, della Regione e, in misura minore, del Banco di Sardegna. Dopo la trasformazione del Cis da banca di mediocredito a banca universale, l’avvento del gruppo Intesa che, ovviamente con marchi diversi, ha in Sardegna una storia lunga più di 150 anni: la prima filiale del Banco di Napoli (oggi Intesa) fu aperta in Sardegna nel 1890. La Banca di credito sardo, invece, è nata dall’integrazione della Banca Cis con le filiali del Banco di Napoli e della Comit. Negli ultimi anni un’insieme di operazioni hanno cambiato la fisionomia del credito in tutto il Mezzogiorno perché le grandi banche meridionali, che pure avevano avuto un ruolo importante nella storia del Paese, sono state inglobate nelle corporation finanziarie lombardo-torinesi.

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