La Nuova Sardegna

Georadar, la ricerca fa passi da Giganti

di Stefano Ambu
Georadar, la ricerca fa passi da Giganti

Lo strumento, montato su piccole ruote e trainato da un fuoristrada, ha permesso di fare le nuove scoperte a Cabras

18 luglio 2014
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CAGLIARI. Macchinari sempre più sofisticati in campo. E nelle campagne di Cabras. E poi scienziati che lavorano a braccetto con gli archeologi. Okay, la ricerca fa passi da Giganti e i risultati si vedono. Ma per risolvere tutti i misteri delle sculture di Mont'e Prama ancora ce ne vuole. Metodi gravimetrici e magnetometrici, indagini geoelettriche, legge di Ohm e coefficienti geometrici. La scienza in soccorso per svelare i misteri (e magari scoprire anche qualcosa di più di quello che già è venuto alla luce) sui giganti di Mont'e Prama. Anche con il georadar, metodo elettromagnetico già usato in campo aeronautico che consente di rilevare, attraverso un'antenna trasmittente puntata verso il basso le reazioni degli strati del terreno. Sperando magari di incappare nella testa di un “gigante”. È stato il tema del convegno “Vedere nel sottosuolo della Sardegna- Viaggio tra i tesori nascosti di Mont’e Prama” ieri alla facoltà di Ingegneria con Gaetano Ranieri, docente di Geofisica applicata dell'Università di Cagliari e il direttore dei lavori, Alessandro Usai della Soprintendenza dei Beni archeologici di Cagliari e Oristano. L'iniziativa è stata organizzata dalla sezione sarda dell'associazione Aeit (associazione italiana di elettrotecnica, elettronica, automazione, informatica e telecomunicazioni), dalla facoltà di Ingegneria e architettura e dal Rotary club Cagliari Sud. «Mont'e Prama è un tema caldissimo – ha detto Usai – ma è stato indagato solo in parte. Da qui l'importanza delle scienze geofisiche per indirizzare le ricerche».

«Non basta schiacciare un pulsante, – ha spiegato Ranieri –. Ma bisogna ampliare la ricerca con le "migrazioni" e raccogliere montagne di dati. Sperando che quei numeri acchiappino la "variazione" che può essere utile». Come già accaduto, ha raccontato il docente. «Con questo strumento abbiamo una visione prospettica – ha spiegato –, con il georadar a sedici canali è come avere sedici occhi. Con questo sistema abbiamo fatto la bellezza di sei ettari in tre giorni. Poi abbiamo dovuto elaborare tutti quei dati». La curiosità? Il georadar, montato su piccole ruote, è stato trainato da un vecchio fuoristrada. Che non aveva certo l'età dei giganti, ma un quarto di secolo sì. Mont'e Prama, monte delle palme. «Ma ne abbiamo trovato – ha scherzato il docente– soltanto una: l'abbiamo protetta e rifocillata. Poi altre due». Poi è sceso nei dettagli dell'indagine. «Mi sono permesso di segnare per terra – ha detto Ranieri – il punto in cui secondo noi gli archeologi avrebbero trovato uno dei reperti. E così è stato: sicuramente una bella soddisfazione». Anche alcuni detenuti hanno collaborato alle ricerche. «Una bella pagina di Mont'e Prama – ha aggiunto Ranieri –, non solo ci hanno aiutato moltissimo, ma vorrebbero farlo ancora».

Parola poi all'archeologo. «Noi cerchiamo di capire – ha detto Usai – anche facendoci aiutare dalla geofisica. Ma ci troviamo di fronte a una situazione ostica: ci sono molti frammenti, segno di uno spezzettamento. Ma le domande ce le poniamo sempre. Dove stavano le sculture? Che rapporto c'è tra le sculture e le tombe? E poi il santuario: esiste o non esiste?». E poi il mistero del muro, uno dei rebus degli scavi. L'ha fatto l'uomo, tutti sono sicuri. Ma allora cos'è? Georadar o no, i Giganti qualche segreto sembra che vogliano ancora tenerlo nascosto. E forse il loro fascino, e il loro successo, dipende anche da quello.

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