La Nuova Sardegna

Dopo 40 anni il 17° Gigante di una civiltà rasa al suolo

di Enrico Carta
Dopo 40 anni il 17° Gigante di una civiltà rasa al suolo

Già recuperati i piedi e parti del corpo, e ora emerge il busto della statua Un “tesoro” ancora nascosto. «Forse furono i Cartaginesi a distruggere tutto»

09 luglio 2014
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INVIATO A CABRAS. Qualche giorno fa i piedi e altri frammenti. Ieri mattina, quando il sole era ormai a picco sulle teste degli archeologi e del gruppo di scavo, Mont ’e Prama ha regalato una nuova meraviglia. Dalla terra, raschiata delicatamente con gli arnesi da lavoro, affiora il busto del gigante – il numero 17 che andrà ad affiancarsi agli altri o che completerà qualcuno di quelli che i restauratori non sono riusciti a ricostruire – che l’équipe guidata dal professor Raimondo Zucca aveva capito fosse sotto i loro piedi sin dai giorni scorsi. È un pugilatore, un altro, dopo quelli già ritrovati quarant’anni fa sulle colline a ridosso delle splendide spiagge del Sinis. La sua presenza era stata anticipata proprio dai piedi, da altre parti del corpo e dal piedistallo, ma non è il solo reperto da museo di straordinaria importanza che ieri è venuto alla luce. A pochi centimetri dal torso del pugilatore, gli archeologi dell’università oristanese e i detenuti della casa circondariale di Massama che stanno svolgendo un progetto di lavoro per il reinserimento sociale, trovano anche due betili di forma tronco conica alti due metri e venticinque centimetri. Sono uno di fronte all’altro e sono caduti obliquamente chissà quando. Curiosamente si guardano e potrebbe non essere un caso, anzi è assai probabile che fossero stati piazzati in quel punto quasi fossero ai margini di una strada o di un percorso che doveva condurre in qualche luogo particolarmente importante per le popolazioni nuragiche che abitavano il territorio di Cabras tra il 1.000 e il 300 avanti Cristo, quando quel potentato che aveva dominato la zona fu spodestato da altre forze o da altri popoli la cui forza non era più contenibile. E proprio quei popoli potrebbero essere stati gli autori dello scempio successivo, quello che portò alla distruzione voluta delle statue e dei segni che i precedenti dominatori avevano lasciato e che ancora li turbavano. Evidentemente quelle presenze di un passato ingombrante e glorioso dovevano essere eliminate perché i segni del nuovo dominassero su tutta la zona.

Ovviamente, anche se dal 5 maggio, data di inizio degli scavi, sono tantissimi i reperti di dimensioni inferiori raccolti dagli archeologi, le ultimissime scoperte hanno portato alle stelle l’entusiasmo, mischiato alla comprensibile prudenza degli addetti ai lavori. Il direttore degli scavi, l’archeologo della Soprintendenza Alessandro Usai, spiega lo stato d’animo: «C’è grande entusiasmo, ma non dobbiamo dimenticarci che siamo prima di tutto ricercatori e quindi abbiamo come compito principale quello di recuperare elementi che servano a capire. I reperti sono come dei documenti da mettere insieme per interpretare la storia di queste terre dal decimo al quarto secolo avanti Cristo».

È un periodo lungo, forse anche più lungo di quello che va dalla creazione delle statue al momento della loro distruzione. La necropoli di Mont ’e Prama è infatti di epoca precedente alla creazione delle statue e non tutto ciò che il georadar ha rilevato può essere riferito al periodo nuragico su cui si concentra l’interesse del gruppo di lavoro. «Siamo di fronte a tracce smontate, a prove distrutte che dobbiamo ricostruire – prosegue Alessandro Usai –. Le 57mila anomalie geofisiche sono da interpretare e non tutte sono archeologicamente significative».

Visto che si parla di prove distrutte, sul banco degli imputati non salgono solo gli aratri e i trattori dei tempi nostri che avrebbero danneggiato i reperti. «I cartaginesi sono coloro su cui grava il maggior numero di indizi – spiega il professor Raimondo Zucca –. È assai probabile che fossero particolarmente interessati alla cancellazione di ogni traccia del potentato che li aveva preceduti. Sono evidenti i segni di come abbiano provato a cancellare la precedente civiltà, quasi sbriciolando quei manufatti così importanti».

Sono le prime conclusioni della campagna di scavi che andrà avanti sino al 31 dicembre sotto altri occhi vigili. Le ronde notturne di carabinieri e Forestale serviranno per tenere alla larga gli odiati tombaroli a caccia di quelle meraviglie di cui Cabras e la Sardegna ormai non vogliono più disfarsi, perché contengono ben più flebili tracce di un’identità millenaria.

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