La Nuova Sardegna

A piedi tra terra e cielo, l'anteprima di Time in Jazz

di Paolo Fresu
A piedi tra terra e cielo, l'anteprima di Time in Jazz

Al Centro Laber di Berchidda ritorna il progetto "La prima rondine". Paolo Fresu parla del tema di quest'anno: «Piedi, musica che muove la danza»

14 giugno 2014
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SASSARI. Avere i piedi per terra… Essere cioè capaci di guardare la realtà con concretezza, senza grilli per la testa, contando sulle proprie certezze.

Noi uomini di campagna abbiamo ricevuto questo insegnamento dai nostri padri, ma nell'Italia post bellica è stato condiviso da tutte le categorie sociali, dal nord al sud del Paese. «Avere i piedi per terra» significa fare un passo per volta, tastando il terreno, per poterne fare un altro senza assistere allo sgretolarsi di ciò che si stava costruendo e arrivando così, passo dopo passo, nei luoghi lontani della rinascita. Illuminante in tal senso il testo "Walden" di David Henry Thoreau, incentrato sul rapporto tra piede, terreno, appiglio e libertà.

Ciò potrebbe essere in antitesi con il sogno e la speranza ma, ma pensarci bene, le due filosofie combaciano: essere a contatto con la terra per dare vita ai propri sogni e concretezza alle proprie aspettative. Muovendosi step by step con l'attenzione di chi ha vissuto e del mondo conosce aspirazioni e inganni.

Certo, il volo dell'arte e della creazione sa di poesia e di sentimento ma non c'è forse un lirismo estremo nel gesto del seminatore, di colui che taglia e raccoglie nei campi o in una lunga passeggiata?

Molti grandi scrittori, filosofi e pensatori sono stati dei grandi camminatori: Nietzsche, Rimbaud, Rousseau, Kant e Gandhi affermano la necessità d'intendere il piede come strumento di scoperta di sè e degli altri. Il viaggio a piedi è forza scatenante nel rapporto tra uomo e natura, elemento suggeritore di creatività, relazione simbiotica corpo e anima, terra e cielo. Il piede diventa traccia del nostro passaggio, ma anche molla che dà la spinta necessaria per spiccare il salto verso l'ignoto. Per librarci nell'aria, per immergerci nel mare della conoscenza.

L'isola di Sardegna è tutto questo: non a caso i Greci la chiamavano Sandalyon, per via della sua forma simile a un sandalo. Il sandalo è traccia di camminamenti storici, migrazioni ataviche nel Mediterraneo che anticipano quelle moderne di morte e desolazione, nei barconi della speranza.

Se il piede è mappa del nostro corpo (nella Tomba dei Medici a Saqqara, in Egitto, è dipinta una scena di un massaggio ai piedi e alle mani datata 2330 a. C. e il medico greco Ippocrate insegnò ai suoi discepoli il massaggio ai piedi come intervento terapico) non è azzardato affermare che la Sardegna rappresenta l'antica credenza dei Greci ma è anche il corpus del mondo più vasto laddove i luoghi sono gli organi e i suoni gli arti e i sensori. Terminazioni nervose da cui tutto parte e tutto ritorna. Capaci di muovere le fila della cultura umana come è stato allora, in quanto isola ha in seno alla culla della civiltà.

È plausibile che i nuraghi (alcuni hanno la loro pianta a forma di piede) sorgessero per mettere in relazione terra e cielo come era per la "scala della luna" nel pozzo sacro di Santa Cristina, un osservatorio in cui luna e sole si riflettevano ai solstizi e agli equinozi e che si ripetono tuttora.

In Sardegna le pietre suggeriscono la danza che necessita del suono, è linfa e collante della società. I suoni delle launeddas e del tenore, legati ai riti propiziatori e di ringraziamento che hanno a che fare con la terra e con i cicli stagionali. Riti dove il corpo è strumento e i piedi che si muovono all'unisono sono rappresentazione identitaria.

Il piede è protagonista nel rapporto tra uomini e civiltà e "pes" (come in latino e in sardo logudorese) è unità ritmica della metrica classica, basata sulla quantità sillabica e nel Novecento, afferma la sua funzione libertaria contrapposta all'isosillabismo, protesa nell'urgenza del verso libero, della libertà che è l'aspirazione del jazz. Per dirla alla Erri De Luca, l'elogiare i piedi non è altro che il bisogno di conoscere meglio il prossimo e il suo mondo.

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