La Nuova Sardegna

La politica come strumento per cambiare il mondo

di Giacomo Mameli
La politica come strumento per cambiare il mondo

Ieri Pierluigi Bersani alla tavola rotonda dedicata al segretario del Pci «Un leader per il quale la corrispondenza tra prassi e valori era millimetrica»

07 giugno 2014
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CAGLIARI. Pierluigi Bersani, accolto come leader intramontabile, va subito al cuore della manifestazione che, con una bella mostra fotografica, vuol ricordare alla Mem di Cagliari Enrico Berlinguer a trent'anni dalla scomparsa: «C'era in lui una corrispondenza millimetrica fra la politica e i fatti. Se parlava di etica era il primo a dare esempi etici. Era coerente anche nella vita privata, giorno per giorno. Se diceva che prima c'era il dovere, il partito, e poi la singola persona lo dimostrava fino all'estremo. Il comizio di Padova che altro è se non la testimonianza che davanti alla singola sofferenza fisica prima c'è l'interesse generale, anche quello di chiudere un comizio inteso come servizio pubblico? Tutti i fatti sono stati conseguenti. Berlinguer dava alle parole il senso reale, filologico. Mai avrebbe ceduto alla demagogia. Le cose dette davanti ai cancelli di Mirafiori il 26 settembre 1980 vanno rilette tenendo conto del significato delle parole usate. Berlinguer non sosteneva posizioni personali. Sulla occupazione degli impianti voleva un pronunciamento dei lavoratori e dei sindacati».

Bersani ha sottolineato la statura di «un sardo morto nel Nord Est» dove – a un secolo dallo scoppio della prima guerra mondiale – «decine di migliaia di sardi erano morti per la difesa del Paese. Anche loro erano orgogliosi e coraggiosi come Berlinguer che, con la sua fermezza, ha assunto le vesti del leader internazionale. In un mondo diviso fra gli imperialismi del Cremlino e della Casa Bianca è stato il primo a rompere con il politburo moscovita rivendicando una via democratica al socialismo e attuando una separazione netta fra Pci e Pcus. È stato il primo a vedere, dopo la tragedia del Cile dove nel settembre del 1973 era stato assassinato Salvador Allende, quali rischi avrebbe potuto correre anche la democrazia italiana senza una larga intesa tra forze popolari. È stato il primo a capire che le principali forze della sinistra europea avevano il dovere di una politica unitaria».

Su questo tema, con una lectio magistralis, è intervenuto Giorgio Caredda (Università La Sapienza" di Roma). Per Caredda «l'europeismo del Pci di Berlinguer presentava agli occhi del Cremlino il rischio di un possibile scisma gravido di pericoli perché prefigurava una modifica degli assetti politici, fuori dagli schemi preordinati della guerra fredda e una probabile attrazione sui Paesi satelliti di Mosca nell'Europa centro-orientale. La leadership internazionale di Berlinguer non consentiva loro di esercitare un'influenza su questo partito e sulla situazione italiana. L'europeismo, l'eurocomunismo, la critica della repressione nei Paesi dell'Est erano divenuti elementi duraturi della cultura politica del gruppo dirigente italiano. Mosca temeva il pericolo dei virus politici provenienti dai loro confini occidentali, ancorpiù che all'epoca della primavera di Praga».

Questa palingenesi nei rapporti internazionali di forza ha la firma indiscussa di Berlinguer. Con la statura di leader in patria ma soprattutto Oltralpe e OltreOceano. Non sempre accettato, se è vero che il presidente americano Jimmy Carter nel 1978 esprimeva ancora "preoccupazione" per i consensi crescenti che il Pci strappava nell'elettorato italiano. Se è vero – lo ha rimarcato Bersani – che erano quelli i giorni in cui «Berlinguer sfugge a un attentato in Bulgaria» e che in quel gesto ci fosse «lo zampino del Kgb». Si usciva dagli anni delle bombe alla Questura di Milano ai tempi del commissario Luigi Calabresi, della democrazia in Grecia violata dai colonnelli. «Ecco perché vorrei che Berlinguer – per le sue posizioni internazionali e nazionali – venisse letto nel suo tempo. Quando parliamo del compromesso storico o del governo di solidarietà nazionale non va dimenticata l'Italia del terrorismo, dell'assassinio di Aldo Moro». E qui Bersani è tornato sulla «corrispondenza millimetrica fra le parole e i fatti». Perché – ha ricordato – «Berlinguer aveva detto alla moglie e ai figli che la linea della fermezza sarebbe dovuta essere osservata sempre: se capitasse a me con i terroristi non dovete trattare per alcun motivo», aveva detto.

Molto spazio per il Berlinguer sardo. Il presidente della Fondazione del Banco di Sardegna Antonello Cabras ha ricordato «i contrasti a sinistra quando il Psi era guidato da Bettino Craxi» ma quando c'era anche una sinistra socialista che, con Riccardo Lombardi, voleva essere – ha ricordato Cabras – "dialogante" con Berlinguer. Con molti dirigenti dell'ex Pci (Francesco Macis, Mario Birardi, Tore Cherchi, Giulio Calvisi), con Graziella Delitala cugina di Berlinguer, col neosindaco di Sassari Gavino Sanna, sono intervenuti il sindaco di Cagliari Massimo Zedda e il presidente del Consiglio regionale Gianfranco Ganau.

Ricca la mostra fotografica. Operai di Ottana e del Sulcis, vignaioli di Dorgali, ex sindaci della Barbagia delle ciminiere, chimici di Macchiareddu e Portotorres. Volti di una Sardegna – ha sottolineato Cabras – cresciuti con le riforme della Rinascita voluta da forze politiche «tanto contrapposte quando convergenti negli obiettivi. Con un progetto collettivo e condiviso». Quello che Berlinguer aveva disegnato da dirigente del Pci sardo con Renzo Laconi e Umberto Cardia. In sala c'è il volto storico dei cortei sindacali, Carlo Boi. Ha tra le mani l'Unità e fa leggere a due ragazze una frase: «Ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno». Firmato Enrico Berlinguer.

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