La Nuova Sardegna

Strage di Tempio, il commerciante era finito in un giro d’usura

Strage di Tempio, il commerciante era finito in un giro d’usura

Azzena era stato arrestato nel 2008 con altre due persone al termine di un’indagine della guardia di finanza

18 maggio 2014
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TEMPIO. Si scava nel passato della vittima per capire chi possa avere ucciso Giovanni Maria Azzena e per quale motivo. Tra le ipotesi quella di una vendetta. L’uomo era finito in carcere insieme all'assicuratore Osvaldo Premuselli e all'impresario edile di Napoli Pietro Dati all'inizio di ottobre del 2008 con l’accusa di usura. I tre erano stato arrestati a conclusione di una indagine avviata dalla polizia di Stato e dalla tenenza di Tempio della Guardia di finanza, (in stretta collaborazione con gli uomini del Gico di Cagliari) su un presunto giro di prestiti usurai che avrebbe coinvolto, come vittime, diversi artigiani e piccoli commercianti locali.

Quella degli Azzena è una storica famiglia di commercianti molto conosciuta in Gallura, personaggi che da oltre settant'anni hanno calzato generazioni di tempiesi, e non solo. Il negozio si trova in uno dei vicoli del centro storico. Dopo venti giorni di carcere, trascorsi alla Rotonda, Giovanni Maria Azzena aveva ottenuto gli arresti domiciliari. L'inchiesta che aveva portato agli arresti era stata scaturita dalla convergenza di due distinte indagini aperte nel 2007 su alcuni personaggi dell'Alta Gallura. Le loro mosse, erano state monitorate per mesi fino a quando due inchieste parallele (condotte dalla polizia di Stato e dagli investigatori delle fiamme gialle) si erano sovrapposte attivando una nuova indagine congiunta, per via dei personaggi coinvolti.

La vicenda aveva preso avvio dopo che alcuni imprenditori locali, di Tempio e Calangianus, avevano denunciato d'essere finiti nelle mani dei presunti usurai che, per concedere loro dei prestiti, avrebbero preteso tassi che variavano dal 50 al 200 per cento di interesse. Un giochino semplice, quello che avrebbero messo in atto gli arrestati: concedevano ai loro "clienti" prestiti per poche migliaia di euro e si garantivano il capitale facendo staccare alle presunte vittime assegni posdatati per un importo che comprendeva anche la loro "percentuale" di interessi. Lo "sconto" di assegni postadati avrebbe messo sul lastrico diversi artigiani e piccoli commercianti, da qui l'avvio di una duplice inchiesta, portata avanti da polizia e finanza, che nel dicembre 2007 avrebbe poi dato la stura all'indagine principale. Pressioni psicologiche, da qui l'ulteriore accusa di estorsione, che gli arrestati mettevano in atto nei confronti dei loro clienti per ricordare loro le "scadenze" e il ritardo nei pagamenti.

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