La Nuova Sardegna

Ecco il Liceo Azuni La storia della scuola simbolo di una città

Ecco il Liceo Azuni La storia della scuola simbolo di una città

Oggi la presentazione del primo dei quattro volumi L’istituto, i suoi docenti, i suoi allievi . Autore: Francesco Bua

08 maggio 2014
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SASSARI. Oggi alle 17 al liceo Azuni, in via Rolando 4, il professor Manlio Brigaglia presenterà il libro di Francesco Bua “Il Liceo Azuni. Storia della scuola di Sassari. Una città e cento patrie “. Si tratta del primo dei tre volumi, edito dalla Edes, in cui si articola la storia del liceo classico cittadino.

Il primo volume copre circa il cinquantennio dal 1848 al 1900. Il secondo volume, la cui pubblicazione è prevista per il prossimo anno, tratterà delle vicende che vanno dal 1900 al 1950, il terzo volume dal 1950 fino ai giorni nostri.

La scansione dei cinquant’anni che raccontano la storia della scuola e della comunità in cui essa è inserita consente di osservare, oltre l’incalzante succedersi delle generazioni di studenti, la continuità di una catena di memoria condivisa, scolastica ma non solo: molti, infatti, i fili che innervano la memoria collettiva di un luogo in cui le vite delle persone s’incontrano con la storia culturale, sociale, politica, istituzionale.

L’editore prevede anche la pubblicazione di un quarto volume di documenti,materiali e strumenti di consultazione comprendenti tra l’altro la collezione degli strumenti scientifici, il patrimonio librario e artistico del Liceo Azuni e l’elenco degli alunni e dei docenti.

«L’idea di scrivere la storia del Liceo Azuni di Sassari– si legge nella prefazione del volume- è scaturita nel corso dei lavori di riordino del suo archivio storico, che è stato recentemente intitolato all’insegnante Zaira Coen Righi, morta ad Auschwitz, cacciata dall’istituto a causa delle leggi razziali del 1938.»

«Sotto la guida di archivisti esperti – prosegue Francesco Bua, che del Liceo è stato docente per molti anni–si lavorava con gli alunni ai documenti e spesso capitava d’imbattersi in personaggi ormai dimenticati i quali, tuttavia, conservavano una certa “aria di famiglia”. Capitava così che le loro vicende, coinvolgendoci, ci portassero ad altri indizi. Quasi un’indagine poliziesca».

Quando però si trattò di porre realmente mano al lavoro di scrittura sorse il problema di organizzare il materiale accumulato per chi storico di professione non era, pur avendo insegnato storia e filosofia per trent’anni all’Azuni, dopo esserne stato alunno.

«Certamente– commenta Bua– doveva essere un libro della scuola e non sulla scuola. Il narratore avrebbe adottato un punto di vista interno, più prossimo ai fatti, alle persone, agli umori profondi che sono in grado di riattivare i circuiti della memoria e consentono d’intonarsi anche emotivamente al passato. Le vicende personali e collettive si sono poi fuse insieme e, quasi raccontandosi, hanno conferito al testo un andamento narrativo».

Una narrazione in cui si conferma che la scuola registra l’evoluzione dei tempi ed è in grado di offrire scorci inusuali della realtà circostante partendo dal contesto prossimo in cui affonda le sue radici.

« E se anche la grande storia passa di continuo attraverso i suoi portoni,- prosegue la prefazione– dal basso, da una storia locale, è possibile guardare alle vicende storiche generali da punti prospettici nuovi. Dalle quinte emergono i giovani, colti nel momento irripetibile del loro affacciarsi alla vita, un apparire in scena che è anche l’epifania di ciò che diverranno. Generazioni sempre nuove incalzano dai registri di una scuola, esposte al doppio sguardo, quello dei compagni di viaggio che come loro non sanno cosa il destino riservi e quello degli adulti, o dello storico, che credono di conoscere già il seguito. Il disincanto dell’osservatore onnisciente non può cancellare l’incanto del viaggiatore».

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