La Nuova Sardegna

L’urlo contro il femminicidio parte anche dal teatro Verdi

L’urlo contro il femminicidio parte anche dal teatro Verdi

Sassari, in scena “Ferite a morte” di Serena Dandini

07 maggio 2014
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di Anna Sanna

wSASSARI

E se le vittime potessero parlare? Se le donne uccise da mariti, compagni, fidanzati, padri, potessero raccontare la loro versione dei fatti? Quella violenza quotidiana che si annida in troppe case, un percorso spesso taciuto di abusi fisici e psicologici, che può sfociare tragicamente nel femminicidio.

Ci sono le storie delle donne, la loro vicenda umana, al centro dello spettacolo “Ferite a morte” scritto e diretto da Serena Dandini, che ieri sera è andato in scena al Teatro Verdi di Sassari. Prima e unica tappa sarda organizzata dall’associazione Mab Teatro che ha fortemente voluto anche in Sardegna questo progetto, reduce da un grande successo nei teatri italiani ed esteri. Sul palco, a dare voce alla donne uccise, la raffinatezza di Lella Costa affiancata da un cast di altre bravissime interpreti: Orsetta De’ Rossi e Giorgia Cardaci (più la presenza in video di Rita Pelusio) che arrivano dalla “Tv delle ragazze”, da “Camera Cafè”, da “Colorado”, passando per i film di Carlo Verdone. Tutte e tre indossano scarpe rosse, “Zapatos Rojos” simbolo della lotta contro il femminicidio. La scenografia al minimo, soltanto un leggio, due schermi, la musica che accompagna le pause tra una storia e l’altra. Ciò che conta è sentire queste donne che raccontano sé stesse e i loro compagni, i loro carnefici, da un aldilà immaginario dove altre donne continuano ad arrivare, uccise una ogni due giorni, solo nel nostro paese. C’è Carmela, siciliana, massacrata quando ancora in Italia esisteva il delitto d’onore, o Malala, islamica, lapidata per adulterio.

Sono storie dall’Italia e dal mondo, drammatiche ma anche piene di vita. Per questo il pubblico che riempie il Teatro Verdi, ascolta attento, rapito dai monologhi. E sorride, anche, con i testi a volte ironici e leggeri di Serena Dandini. Applaude, coinvolto, quando le storie finiscono. E si capisce, grande merito dello spettacolo, che il femminicidio non è un raptus, la follia di un momento. Ma il prodotto di una mentalità che porta alcuni uomini a vedere la donna come una loro proprietà. Da punire anche fino alla morte se si ribella, osa dire no, o - peggio - si allontana, perché “O mia, o di nessun altro”. Alle interpreti si sono poi unite alcune rappresentanti della società civile, impegnate nella lotta per i diritti delle donne: Rita Nonnis, sassarese, medico, del gruppo Facebook “Donne in Carrelas”, e Francesca Falchi, drammaturga cagliaritana che con il suo teatro racconta le tante sfumature dell’universo femminile. Hanno letto un brano tratto dal libro scritto da Serena Dandini: donne “ferite a morte”, che hanno trovato il coraggio di parlare, ma non sono state ascoltate. Molte delle vicende raccontate sono, infatti, omicidi annunciati. Donne che potevano essere salvate, con una adeguata rete di sostegno e protezione.

Sullo schermo, in sottofondo,passano nomi e cognomi delle donne uccise in Italia. Dai 16 ai novant’anni, un lungo elenco che non fa distinzioni di età, provenienza geografica o sociale. “Ferite a morte” esce così dalla rappresentazione, dalla finzione teatrale, ed entra nella realtà. Cerca di fare qualcosa per cambiare le cose, chiede alle istituzioni di adottare la convenzione No More che prevede una serie di misure per tutelare donne e minori. Anche lo spettacolo di ieri aiuterà nel concreto una giovane donna che sta ricostruendo con coraggio la propria vita: parte del ricavato sarà infatti devoluto all’associazione “Un sorriso per Vale” di Valentina Pitzalis, sopravvissuta nel 2011 a un tentativo di omicidio da parte del marito, che ha cercato di bruciarla viva.

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