La Nuova Sardegna

La tragedia ad Alghero: «Le ringhiere erano marce e tutti sapevano»

di Silvia Sanna
La tragedia ad Alghero: «Le ringhiere erano marce e tutti sapevano»

Indignazione dei residenti dopo la caduta mortale del pensionato. Transenne lungo un chilometro di passeggiata sul mare - FOTO

31 marzo 2014
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ALGHERO.ALGHERO È solo un metro rubato, ma basta per stravolgere tutto. Il chilometro di transenne è come un limitatore inserito nello sguardo e la percezione che restituisce è quella di un lungomare sotto sequestro. Camminare distanti dalla bellezza è difficile, eppure la gente lo faceva già da un pezzo. Perché la pericolosità delle ringhiere – basse e arrugginite – non è venuta fuori venerdì pomeriggio, quando Domenico Nurra si è appoggiato al parapetto ed è volato giù insieme alla barriera traballante. In tanti ad Alghero sapevano già che il panorama è meglio scrutarlo a distanza di sicurezza. E ora che le transenne sono state messe in fila – dalla Torre dei cani sino all’hotel Las Tronas – viene da tirare un sospiro di sollievo: almeno nessuno si farà più male.

Lungomare trappola. Racconta che quattro anni fa, quando ha deciso di lasciare Firenze per trasferirsi ad Alghero, il suo fidanzato le ha fatto subito una raccomandazione: “Stai attenta alle ringhiere del lungomare, non appoggiarti mai”. Elisabetta Guerrini, 32 anni, dice che da allora nulla è cambiato: «Mai un intervento di manutenzione, ogni tanto una passata di vernice, come se potesse bastare. Eppure tutti sapevano, chi aveva il dovere di intervenire non l’ha fatto». Aggiunge il compagno Roberto Attanasio, 36 anni: «In questa città la sicurezza è un optional. Ormai non mi meraviglio più di niente. Tutti se ne infischiano. Aspettano che capitino le disgrazie per muovere un dito. Il problema non riguarda solo questa zona: ci sono molte altre situazioni rischiose, soprattutto per i bambini. Ma tutte le segnalazioni sono rimaste inascoltate».

Zero programmazione. Stefano Bardino, 36 anni, all’ora di pranzo si ferma davanti al punto da cui è precipitato Domenico Nurra. Racconta che per una vita «si è seduto sul muretto e sulle ringhiere di fronte ai bar nel lungomare». E aggiunge che i turisti «ignari del pericolo continuano a farlo: salgono sui muretti, si mettono in posa per le foto, credono di essere al sicuro». Non sanno che quelle ringhiere stanno lì da 15 o forse addirittura 20 anni. Vecchie, erose dalla salsedine, esposte al caldo e al freddo ma non solo: «Sono state piazzate male – dice un tecnico comunale che vuole rimanere anonimo –, piantate direttamente nella terra». Ma l’errore più grave è stato la scelta del materiale: il ferro si corrode in fretta e il processo è ancora più veloce lungo i litorali. Aggiunge Roberto, a passeggio insieme alla moglie Giuliana e ai loro due bambini: «Per anni il problema è stato ignorato, come se non esistesse. Ma sapevamo tutti che prima o poi la situazione sarebbe esplosa. Qualche anno fa i primi incidenti, tre turiste tedesche si erano salvate per miracolo. Dopo quell’episodio, tante scuse e rassicurazioni ma nulla di concreto, come sempre. Si sono limitati a cambiare un paio di tratti di ringhiera, nulla di più. Perché invece non fare una verifica seria e avviare un intervento graduale di sostituzione delle barriere?».

Turisti perplessi. Per loro è già estate. I tedeschi girano in bermuda e maglietta leggera, la pelle bianchissima chiede pietà sotto il sole caldo del primo pomeriggio. Camminano accanto alle transenne con aria sorpresa, poi approfittano del primo varco libero per avvicinarsi al parapetto e tuffarsi con lo sguardo dentro il mare. Non capiscono che cosa stia accadendo, perché non ci sono cartelli a segnalare il pericolo ma solo inviti fai da te: persone meglio informate che muovono l’indice a tergicristallo per dire “no, qui non si passa”.

Stagione in bilico. Per restituire alla città quel metro rubato serviranno molti mesi e almeno 800mila euro. È quasi scontato che l’estate alle porte sarà mortificata dalla distesa di transenne grigio topo arrivate in tutta fretta dall’assessorato alla Cultura. Il lavoro da fare è complicato: impensabile limitarsi ancora una volta a mettere una pezza qua e là. Tutte le ringhiere, non solo quelle marce (quasi la metà), devono essere sostituite: sono troppo basse, un’insidia per adulti e bambini. Gavina Zara cammina a braccetto con il marito e fa pressing: «Non c’è tempo da perdere, nessun altro deve farsi male. E tutti abbiamo diritto di godere di questo panorama meraviglioso: è un’ingiustizia privarne gli occhi». Anche se soltanto per un metro.

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