La Nuova Sardegna

Dentro le celle di San Sebastiano, l’ex inferno apre le porte alla città

di Anna Sanna
Dentro le celle di San Sebastiano, l’ex inferno apre le porte alla città

Il vecchio carcere di Sassari sarà visitabile sabato e domenica per le “Giornate Fai di primavera”. Uno spazio troppo a lungo inaccessibile, per il quale si pone ora il problema di un nuovo utilizzo

21 marzo 2014
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SASSARI. Per centocinquant’anni le sue celle umide e strette hanno accolto e custodito storie. Alcune raccontano vite criminali, spese in buona parte all’interno di quelle mura. Altre sono state scritte da chi si è perduto per strada una volta, solo con il suo disagio. Il carcere di San Sebastiano per un secolo e mezzo è stato quasi inaccessibile. Dentro la città, eppure così lontano, estraneo. Un luogo dove nascondere il fallimento di uno Stato troppo spesso incapace di garantire dignità a chi è in sua custodia, di trasformare l’espiazione della pena in una possibilità di reinserimento nella società.

Adesso, per la prima volta, San Sebastiano si aprirà alla città in occasione delle Giornate Fai di primavera del 22 e 23 marzo. Il carcere di San Sebastiano è uno dei monumenti di punta dell’evento in Sardegna, in linea con l’obiettivo del Fai di far conoscere luoghi di grande valore storico, artistico e archeologico, ma spesso poco conosciuti.

Domani e domenica, dalle 10 alle 18, le celle e i corridoi del carcere saranno visitabili in un percorso guidato. A fare da ciceroni ci saranno gli studenti del Liceo Classico del Convitto Nazionale Canopoleno, del Liceo Scientifico “Spano”, dell’Istituto di istruzione superiore “Nicolò Pellegrini”, del Liceo Classico Azuni, dell’Istituto Professionale per il Commercio, del Liceo Artistico “Figari” e del Tecnico Commerciale “Dessì Lamarmora”. “Oltre le mura di San Sebastiano. 150 anni di carcere nascosti alla città” è il titolo scelto per l’iniziativa: un’occasione inedita per Sassari di confrontarsi con questo edificio storico soprattutto ora che, con il trasferimento dei detenuti nella nuova struttura di Bancali, si è aperto il dibattito su come recuperare l’antico carcere ormai vuoto.

«Abbiamo lavorato all'apertura delle carceri con grande impegno perché riteniamo che sia un evento denso di particolare significato, segnalato dal Fai tra le aperture di maggiore interesse nazionale – sottolinea la delegazione Fai di Sassari - le vecchie carceri testimoniano che quasi un secolo e mezzo fa Sassari è stata in grado di dotarsi di un impianto urbanistico al passo con l’Europa che insieme alle carceri includeva l’Ospedale, il Palazzo della Provincia, il Teatro Politeama, la Stazione Ferroviaria, la Caserma Lamarmora, il mattatoio, il Manicomio. Anche nel quadro di questa riflessione il Fai propone la visita di un monumento così ricco di memoria affinché i cittadini possano visitarlo e conoscere la sua storia». Ancora a metà dell’Ottocento, a Sassari le carceri erano contigue al Palazzo del Duca, dove per tanto tempo era stata amministrata la giustizia. I resti del terribile carcere di San Leonardo, antico quanto la città, sono ancora visibili in piazza Tola. I sassaresi lo guardavano con diffidenza, come un veicolo di infezioni. Nel 1855, l’anno del colera, qualcuno pensò che proprio da quei locali fetidi e angusti poteva essersi diffuso quel morbo terribile che uccise 5mila sassaresi. Non si poteva più aspettare: l’Italia non è ancora unita quando il governo sardo-piemontese decide di costruire un nuovo carcere. Nel 1857 riceve l’incarico l’architetto di Asti Giuseppe Polani (1815-1894): per il Ministero dell’Interno aveva già progettato le carceri di Torino, Genova e Perugia. L’area prescelta è a sud, in una zona che allora era al di fuori della città. Nel 1871, con l’Italia ormai unita, i lavori sono ultimati. La facciata classicista di Polani ormai non è più visibile, a causa della costruzione del Palazzo di Giustizia negli anni Trenta del Novecento.

Centocinquant’anni sono passati dall’avvio dei lavori di costruzione. E per troppo tempo, sino a qualche mese fa, San Sebastiano è stato un inferno di sovraffollamento, carenze strutturali e violazione quotidiana dei diritti fondamentali. Domani e domenica tante persone, libere e non detenute, grazie al Fai varcheranno l’ingresso del vecchio carcere. Impossibile allora non interrogarsi su un futuro nuovo per la struttura, che appartiene al Ministero della Giustizia.

«Gli edifici carcerari sono tra i più complicati da adattare a nuove funzioni, per la presenza di ambienti molto specializzati come le celle – spiega l’architetto Sandro Roggio, che si è occupato della storia di San Sebastiano risalendo anche al nome dell’architetto Polani - ma non mancano spazi più duttili come quelli aperti utilizzabili dalla città, e tutto il corpo degli uffici che potrebbe consentire di accrescere le dotazioni del Palazzo di Giustizia. Si potrebbe tentare di aprire quella vecchia porta che immagino conservi le caratteristiche originali. Si può immaginare che la grande corte “'San Sebastiano” possa essere messa in comunicazione con via Roma. Discorso diverso per la parte meno flessibile, già destinata alla detenzione. Servirà a questo proposito un confronto puntuale sulla base di una preliminare esplorazione progettuale, credo con il coinvolgimento indispensabile del Comune».

Nelle Giornate di primavera, l’iniziativa del Fai consentirà ai cittadini di conoscere davvero il carcere e partecipare così da protagonisti al dibattito. La speranza è che, in futuro, San Sebastiano diventi un luogo di condivisione da rivivere in un’atmosfera nuova, molto diversa da quella della detenzione.

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