La Nuova Sardegna

In mostra al Man 100 scatti di Robert Capa

di Paolo Curreli
In mostra al Man 100 scatti di Robert Capa

«Il segreto di una buona foto? Farla da vicino»

07 marzo 2014
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NUORO. Chissà se l'errore del giovane tecnico che sbagliò l'essicazione delle pellicole, fu il tassello fondamentale che ribadì la fama di Robert Capa come il fotografo tanto vicino all'azione da eleggere il leggermente “fuori fuoco” come suo marchio, titolo della sua autobiografia sugli anni della seconda guerra mondiale e della mostra di quasi cento scatti che il museo Man propone da oggi fino al 18 maggio. Non sapremo mai se gli altri rullini dello sbarco in Normandia – andati persi per quel famoso errore – contenessero immagini più “ferme”. “Le maledette undici” furono ribattezzate le foto sopravvissute che, volente o nolente, la redazione di Life dovette pubblicare. Uno dei tanti aneddoti della vita spericolata dell'Hemingway della fotografia.

Ebreo di Budapest che negli anni '30 a Berlino cambia il suo nome assegnandosi un passato inesistente di fotoreporter americano per poter lavorare. Bello e simpatico, capace di spendere tutti i soldi di quel famoso reportage chiuso in una stanza dell'Hotel Ritz di Parigi con Ingrid Bergman – in viaggio per vedere la devastazione della sua Europa – ordinando litri di champagne. In pochi riuscivano a resistere a un uomo innamorato della vita, ma dipendete quasi dall'adrenalina che il raccontare la guerra “da vicino” gli dava, sempre pronto a ripartire per un altro fronte nonostante, nel dopoguerra, frequentasse i più tranquilli set del cinema. Fino a quel tragico appuntamento con una mina anti uomo in Indocina nel '54.

Autore nel '36 dell'immagine iconica del miliziano che cade, che con Guernica di Picasso sarà per sempre il simbolo di quella guerra, ma anche l'asticella che ogni fotoreporter dovrà, da quello scatto in poi, superare. In mostra a Nuoro la celebre foto insieme ad altre della guerra civile spagnola, come la “Corsa verso il riparo anti-aereo” a Bilbao del 1937, o il gigante americano che libera la vecchia Europa; una storia riassunta in una sola immagine; “Contadino siciliano che parla con un ufficiale” scattata in Sicilia, nel1943. Esperienza ancora più forte la visione delle stampe dello “Sbarco a Omaha Beach” in Normandia. Quel mosso drammatico e straniante che ha ispirato una delle scene più coinvolgenti del cinema holliwoodiano, l'apertura di “Salvate il soldato Ryan”, dove si deve muovere tutta la macchina milionaria del cinema e il genio di Spielberg per restituire un po' del dramma che il documento dal vivo e “da vicino” trasmette.

Guardando quelle foto il pensiero corre anche al giovane responsabile del disastro nella camera oscura del Life; Larry Burrows che divenne un fotoreporter di fama mondiale e morì anche lui in Viet Nam negli anni settanta. Robert Capa resta ancora oggi un maestro indiscusso del fotoreportage perché il suo lavoro non è solo la documentazione della dura realtà, ma soprattutto l'amore incondizionato per l'umanità e la partecipazione profonda ed empatica con i più deboli. Pellicole e pallottole ma anche tutta la tenerezza del soldato e della sua ragazza che, di spalle, s'incamminano sulla strada della pace.

Il museo Man presenta Capa dopo aver dedicato ad altri due grandi della Magnum; Henri Cartier-Bresson e Werner Bischof, due importanti mostre. Da non perdere l’esposizione dei lavori premiati per “Sardegna reportage”, concorso promosso dal museo nuorese nella ricerca di un nuovo sguardo fotografico sull’isola. L’iniziativa ha rivelato personalità notevoli e i reportage raccontano in maniera del tutto nuova, un’isola contraddittoria e lontana dagli stereotipi.

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