La Nuova Sardegna

Il condaghe svela il medioevo Silki, i benedettini raccontano

di Roberto Sanna
Il condaghe svela il medioevo Silki, i benedettini raccontano

Dall’Ilisso una ricchissima riedizione dell’antico documento dell’abbazia Liti giudiziarie, proprietà e cronologie, uno spaccato della società dell’epoca

01 marzo 2014
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SASSARI. Agli inizi del XV secolo la monaca Antonia, una delle ultime abitanti del monastero benedettino femminile di San Pietro di Silki, parte per un pellegrinaggio in Terra Santa per genuflettersi davanti al Santo Sepolcro e non ritorna più.

La sua scomparsa, di fatto, segna la fine di un’epoca dell’abbazia che nel 1467 verrà assegnata ai frati francescani. La storia di quell’epoca, che va dalla fondazione (risalente al 1065) al XV secolo, è contenuta in uno dei saggi che accompagnano la nuova edizione del Condaghe di San Pietro di Silki, uscito a cura della Ilisso oltre un secolo dopo la prima pubblicazione. Un’opera imponente, curata dai docenti del Dipartimento di Storia dell’Università di Sassari Alessandro Soddu e Giovanni Strinna, che al testo di quello che viene ritenuto “Il condaghe” sardo per eccellenza, hanno affiancato alla traduzione due saggi che tracciano la storia di una delle chiese più amate dai sassaresi.

San Pietro di Silki, meta di un’oceanica processione nell’ultima domenica di maggio, ha regalato agli studiosi un documento considerato il più importante registro del medioevo sardo sia per la quantità di dati contenuta sia per l’antichità delle notizie stesse, alcune delle quali risalgono alla seconda metà dell’XI secolo. Il condaghe di San Pietro di Silki, abbazia che si trovava all’interno del giudicato di Torres, è scritto in sardo come gli altri condaghes pervenuti e appartenenti all’Abbazia di San Michele di Salvennor, nei pressi di Ploaghe, al priorato di San Nicola di Trullas, vicino a Semestene, e a quello di Santa Maria di Bonarcado nel giudicato di Arborea.

Pubblicato una prima volta nel 1900 in un’edizione a cura di Giuseppe Bonazzi, ristampata poi nel 1979 e nel 1997, ritorna ora in un volume di 460 pagine che ha preso forma, è il caso di dirlo, in corso d’opera. All’origine doveva essere compreso all’interno della collana Biblioteca Sarda, ma dopo l’inizio del lavoro i curatori si sono resi conto che, tra note e saggi, era necessario andare oltre il primo programma e così è stato raggiunto un compromesso con libro di oltre 400 pagine dal costo comunque contenuto (24,90 euro). I documenti racchiusi nel condaghe, che custodisce tutte le controversie giudiziarie dall’XI al XIII secolo, descrivono un perfetto spaccato della società dell’epoca e della vita nell’abbazia visto che venivano trascritte tutte le testimonianze e le singole dichiarazioni delle liti. Insieme al testo e alla traduzione nel libro sono contenute note, di carattere esegetico, storico e linguistico, il glossario e gli indici toponomastico e onomastico, mentre la parte introduttiva consiste in due saggi: uno di carattere storico e uno filologico e linguistico. I saggi introduttivi, corredati di una cronotassi delle badesse e dei priori di San Pietro di Silki e dei giudici di Torres e di un’appendice cartografica, si propongono di ricostruire un quadro complessivo della storia dell’ente, dell’organizzazione del cenobio e dell’azienda e ne ripercorrono le vicende politico-istituzionali, anche con l’ausilio di fonti coeve e posteriori al condaghe. Nel primo, curato da Soddu, si ricostruisce la storia dell’abbazia in tutto il suo periodo benedettino, andando quindi oltre il condaghe stesso, che si ferma al XIII secolo. In quello curato da Strinna, tra le altre cose, viene individuata l’abbazia “madre”: San Pietro di Silki viene abitata all’inizio da un nucleo di monache provenienti dalla toscana, per la precisione dall’abbazia di Santa Maria di Asca, vicino a Livorno.

Dal punto di vista architettonico, San Pietro di Silki, subirà anche diverse trasformazioni di carattere architettonico e nel XIII secolo venne riedificato in stile romanico, prima di altri interventi tra il XV e il XVII secolo. Ancora oggi è abitata dai frati francescani e, co-intitolata alla Madonna delle Grazie, resiste come punto di riferimento dei fedeli e li accoglie, soprattutto in maggio, il mese mariano, in mezzo a uliveti secolari.

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