La Nuova Sardegna

Moby Prince, i familiari delle vittime al governo: «Ci avete lasciati soli»

di Piero Mannironi
Moby Prince, i familiari delle vittime al governo: «Ci avete lasciati soli»

Lettera alla Guardasigilli Annamaria Cancellieri: «Signora ministra, auguri amari e tristi»

30 dicembre 2013
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Parole amare e dolenti per rispondere alla gelida indifferenza di un ministro della Repubblica che ha archiviato frettolosamente la strage del Moby Prince in appena 15 righe in perfetto stile “burocratese”. I familiari delle vittime della più grande tragedia della marineria civile italiana hanno scritto al Guardasigilli Annamaria Cancellieri una lettera di auguri di Natale di grande civiltà e di cupa tristezza. La lettera è firmata da Luchino Chessa, figlio del comandante del traghetto Navarma Ugo e presidente di una delle associazioni delle vittime del rogo di Livorno.

È una lettera nella quale la rabbia legittima e la frustrazione per un attesa che non dà risposte non trascendono mai nell’invettiva. Non ci sono recriminazioni o accuse. La scelta è quella di una pacata fermezza che fa capire al ministro e agli ambienti che da 22 anni lavorano per occultare una verità scomoda, che i familiari delle 140 vittime del Moby Prince non si arrendono e vanno avanti nella loro battaglia per ottenere verità e giustizia.

Contro un complesso sistema di potere e di poteri che difende un tragico segreto, i parenti di quei 140 uomini, donne e bambini morti nel rogo del traghetto Livorno-Olbia usano solo la potente e affilata arma delle parole. Un’arma che scava nelle coscienze, che progressivamente sta demolendo verità fittizie e cementando nella consapevolezza collettiva il fatto che il rogo del Moby Prince non è un semplice terribile incidente. Dietro quella collisione del traghetto con la petroliera Agip Abruzzo, la sera dell’11 aprile 1991, c’è infatti una realtà oscura che deve essere classifica tra i vergognosi misteri della Repubblica.

La ministra Cancellieri sembra non aver sentito le parole di dolore e di speranza dei familiari delle 140 vittime del Moby. Ignora l’infinita odissea giudiziaria piena di “buchi”, di incongruenze, di testimonianze sospette, di prove manipolate e perfino di racconti di quella sera rimossi. Come quello dell’ufficiale della guardia di finanza Cesare Gentile che con lineare semplicità fece entrare nell’inchiesta e nei processi due elementi che scardinano le traballanti versioni ufficiali. Per prima cosa disse che quella della tragedia era una sera «chiara e limpida». Non c’era insomma quella nebbia con la quale si è cercato in tutti i modi di giustificare la tesi dell’incidente. E poi la terribile rivelazione che è da anni come un convitato di pietra nella storia giudiziaria della strage del 10 aprile: nel porto di Livorno, proprio mentre il Moby Prince, cominciava la sua traversata verso la Sardegna, era in corso un traffico d’armi. Armi che venivano scaricate da una nave americana militarizzata, appena tornata dalla prima Guerra del Golfo.

Dunque, un traffico del quale le autorità Usa sanno sicuramente molto, ma del quale non hanno mai detto nulla. Come è già accaduto in passato in altri drammatici casi. Primo fra tutti la strage di Ustica. E qui ecco nascere il sospetto: il silenzio e i depistaggi potrebbero essere stati funzionali per nascondere possibili responsabilità del potente alleato. Non è la prima volta che la politica e apparati dello Stato si sono piegati agli interessi di Washington.

In questi tempi nei quali il mondo della politica cerca disperatamente di ritrovare una credibiltà, ferita profondamente da scandali e immoralità diffuse, un segnale importante sarebbe quello di ritrovare la dignità del proprio ruolo. Anche liberandosi dalle scomode catente di una sussidiarietà agli Usa e aprendo i cassetti dei segreti. Come quello della fine del Moby Prince.

La lettera di Luchino Chessa

Carissima Ministra Cancellieri, oggi arriva Babbo Natale e spero che vada anche da Lei e Le porti tanta voglia di occuparsi della vicenda Moby Prince. Le ricordo che in quella sciagura hanno perso la vita ben 140 persone innocenti, di cui un buon numero di bambini e famiglie. Le ricordo che buona parte delle persone a bordo erano nel posto di riunione in attesa che qualcuno, un Babbo Natale, arrivasse a soccorrerli. Penso ai bambini disperati, alle mamme che li proteggevano, ai papà che cercavano di trovare una soluzione. Penso a mio papà morto bruciato dopo, sotto al ponte di comando, alla mia mamma che ha aspettato ore nel salone di riunione, mentre intorno il calore delle fiamme diventava intollerabile. Le ricordo che noi familiari abbiamo subito anni di frustrazione da parte di una Giustizia che non è riuscita a dare una spiegazione alla strage, e che non ha avuto la capacità, la forza e forse anche la volontà di andare oltre le conclusioni elementari dei tecnici d'ufficio, utili a chiudere il caso con la allucinante storia della nebbia e dell'alta velocità del traghetto. Le ricordo che noi familiari aspettiamo ancora un Babbo Natale che faccia veramente giustizia dei nostri 140 familiari morti e sappia andare oltre logiche politiche, lobby, rapporti tra Stati, che abbia la forza di tutelare i cittadini del nostro Paese. Tanti auguri a Lei, ai suoi Colleghi Ministri, al Presidente Letta e al Presidente Napolitano, auguri amari e tristi, con la sensazione ancora una volta di sentirci soli a combattere con logiche più grandi di noi.

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