La Nuova Sardegna

Alla “Banda Mesina” confiscati 2,5 milioni

di Felice Testa
Alla “Banda Mesina” confiscati 2,5 milioni

Il Gico sequestra beni e azioni a Gigino Milia e Corrado Altea

15 dicembre 2013
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CAGLIARI. Per “nonno” Gigino Milia, come era conosciuto nell'ambiente della mala milanese il 65enne di Fluminimaggiore, boss della droga, i guai sono come gli esami: non finiscono mai.

La Guardia di finanza ha sequestrato a Gigino Milia e all'avvocato Corrado Altea, di Cagliari, entrambi detenuti nel carcere di Buoncammino, beni per oltre due milioni e mezzo di euro, costituiti da fabbricati, terreni, aziende, conti correnti, titoli azionari e quote societarie.

L'operazione, nell’ambito dell'indagine per associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, nei confronti della banda con al vertice l'ex re del Supramonte, Graziano Mesina, è stata condotta, su disposizione della Direzione distrettuale antimafia di Cagliari, dai finanzieri del Gico del nucleo di polizia tributaria.

Un'attività, quella del Gico della Guardia di finanza, che ha inferto un duro colpo a uno dei maggiori esponenti del crimine in Sardegna, Gigino Milia, e all’avvocato della banda, Corrado Altea, in carcere con l’accusa di essere stato l’uomo che per conto dell’organizzazione aveva saldato a Milano conti per ingenti partite di eroina, trattato con i malavitosi calabresi, e intrattenuto rapporti col trafficante albanese Kastriot Lukaj.

Il provvedimento è frutto di complesse investigazioni economico-patrimoniali, nei confronti dell’organizzazione di narcotrafficanti capeggiata da Graziano Mesina e Gigino Milia, arrestati, insieme ad altre venticinque persone, nello scorso mese di giugno.

Le indagini delle Fiamme gialle hanno consentito, in particolare, di ricostruire la scalata criminale di Gigino Milia il quale, a partire dagli anni ’70 fino ad oggi, ha reinvestito – con la complicità di altre persone, tra le quali la moglie Annarella Lampis, indagata nell’ambito dell’inchiesta – ingenti somme di denaro di provenienza illecita in svariate attività commerciali e immobiliari.

Il meccanismo per l'investimento del denaro sporco prevedeva, da parte di Gigino Milia, l’uso di scritture private, procure speciali e l’impiego di prestanomi.

Nel corso degli anni il boss di Fluminimaggiore ha acquistato e rivenduto case, terreni, esercizi commerciali, intestandoli a “teste di legno”.

Alcuni immobili sono stati utilizzati per saldare debiti relativi a forniture di droga non pagate. L’avvocato Corrado Altea, come è emerso dagli accertamenti compiuti dagli uomini del Gico di Cagliari, era debitore verso Milia, per la fornitura di partite di droga che non gli aveva pagato.

L'avvocato cagliaritano ha saldato il complice, Gigino Milia, cedendogli due fabbricati (un negozio e un’abitazione nel comune di Arbus), che poi quest’ultimo ha rivenduto con la complicità della moglie, nel frattempo divenutane proprietaria.

Marito e moglie, con la connivenza di Altea e di altre persone, hanno, inoltre, cambiato in euro, , mezzo miliardo di vecchie lire, perlopiù in banconote da 50mila, 100mila e 500mila, emesse tra il 1983 ed il 1997.

L'avvocato Altea, inoltre, aveva riciclato, in proprio, oltre 250 milioni di vecchie lire. Operazione questa, che gli ha valso anche l'accusa, insieme a Milia e alla moglie Annarella Lampis, di riciclaggio aggravato, per aver commesso i fatti nell’esercizio della propria professione di avvocato.

La Guardia di finanza, applicando la speciale normativa antiriciclaggio, ha sequestrato al professionista cagliaritano azioni e quote societarie per un valore di 130 mila euro.

Intanto, per l'intera banda capeggiata da Milia e Mesina, il sostituto procuratore della Dda di Cagliari, Gilberto Ganassi, ha depositato, nei giorni scorsi, la richiesta di giudizio immediato.

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