La Nuova Sardegna

Primo sblocco sui mercati per le carni suine sarde

Primo sblocco sui mercati per le carni suine sarde

Via libera del ministero alla commercializzazione dei prodotti cotti e stagionati Boccata d’ossigeno per molte aziende messe in ginocchio dalla peste suina

04 agosto 2013
2 MINUTI DI LETTURA





CAGLIARI. I salumi sardi stagionati e cotti potranno essere esportati. Il via libera è arrivato dal ministero della Salute, che finora aveva bloccato qualunque tipo di commercio fra la Sardegna, la Penisola e anche l’Europa a causa della Peste suina africana. Era stata la Confagricoltura a chiedere per prima l’apertura di un canale commerciale almeno per i prodotti stagionati (dai 112 ai 400 giorni) e cotti (dai 55 ai 68 gradi centigradi), che secondo il protocollo sanitario dell’Unione Europea non sono più un veicolo attivo del virus e quindi non possono contaminare altri mercati. L’assessorato regionale alla sanità aveva girato la richiesta al ministero che, a sua volta, ha atteso il nullaosta di Bruxelles, per autorizzare «l’esportazione di carni sarde insaccate (quindi non fresche) a condizione che provengano da allevamenti suinicoli certificati e immuni dal virus, per essere poi lavorati e confezionati in salumifici a loro volta certificati». Il che vuole dire: tutta la filiera deve essere controllata, anche con la possibilità di verifiche a campione sull’esistenza o meno del virus della peste suina africana. Virus che, come scritto nel protocollo europeo, muore quando la stagionatura del prodotto è superiore ai 112 giorni, l’esempio è la salsiccia sarda secca, oppure quando l’insaccato subisce un processo di cottura, utilizzato sempre nella lavorazione del prosciutto cotto e della mortadella, ma sono due prodotti che non appartengono alla produzione isolana, mentre in Sardegna il processo «termizzazione» è utilizzato per la produzione della “testa in cassetta”. Spiegato quali sono i salumi e le carni oggi autorizzate, va ricordato che nei mesi scorsi la Regione aveva ottenuto il lasciapassare anche per gli insaccati prodotti in Sardegna a patto che la materia prima (i maiali) fosse d’importazione. La verità amara è che invece continua a esserci il divieto assoluto di esportare le carni fresche isolane (ad esempio i maialetti da latte) perché la peste suina africana non è stata ancora debellata. Il progetto di eradicazione imposto dall’Ufficio veterinario centrale dell’Unione Europea va avanti, con il dichiarato obiettivo di azzerare quello che è il vero problema: il pascolo libero dei maiali. Di recente l’assessore alla sanità Simona De Francisci, ha emanato un decreto ancora più severo: i maiali allo stato brado dovranno essere abbattuti immediatamente senza aspettare più gli 8 giorni che prima del 15 luglio permettevano invece ai proprietari di regolarizzare gli allevamenti. Ora non è più possibile e forse dopo l’ultimo diktat è cominciata davvero la battaglia per sconfiggere la peste suina. (ua)

In Primo Piano
Tribunale

Sassari, morti di covid a Casa Serena: due rinvii a giudizio

di Nadia Cossu

Video

Impotenza maschile e suv, ne discutono le donne: la risposta di Geppi Cucciari ai talk show dove soli uomini parlano di aborto

Le nostre iniziative