La Nuova Sardegna

Fenicie o greche? Le radici mitiche dell’identità sarda

Fenicie o greche? Le radici mitiche dell’identità sarda

I risultati del lavoro di Giuseppina Manca di Mores. Si riapre il dibattito su un’età cruciale nella storia dell’isola

01 agosto 2013
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di Anna Sanna

Il tempio dedicato al Sardus Pater nella valle di Antas da sempre rievoca il passato mitico della Sardegna. Ancora di più adesso che, dopo le scoperte di Giuseppina Manca Di Mores rese note ieri dalla Nuova Sardegna, dalle decorazioni del santuario è emersa l’immagine del dio venerato in questo luogo di devozione antichissima. Il Sardus Pater dal copricapo piumato si fonde con la figura di Iolao, auriga e nipote di Eracle, riunendo così la tradizione fenicia e greca sulla fondazione della Sardegna nel tempio intitolato al dio eponimo dei sardi.

Sallustio e Pausania scrivono che fu Sardo – figlio di Makeride, l’Eracle libico ovvero il Melqart fenicio – a colonizzare l’isola. «Ignoro quale fosse l'antico nome che la Sardegna aveva ricevuto dagli indigeni; quei Greci che navigavano per commercio la chiamarono Ichnusa – scrive Pausania – perché la figura dell’isola è molto simile all'impronta del piede umano. Sardo poi portò gli Africani in Ichnussa, e perciò l'isola cambiò il nome nel suo».

Mentre la tradizione greca, riportata da Diodoro Siculo e da Pausania, identifica in Iolao l’eroe fondatore della Sardegna e padre degli Iliensi, arrivato nell’isola alla testa dei Tespiadi nati dall’unione di Eracle con le cinquanta figlie del re Tespi.

«I veri colonizzatori sono i figli di Eracle, perché costruiscono grandi costruzioni, ginnasi, tribunali – spiega Paolo Bernardini, docente di Archeologia greca e Civiltà dell’Egeo all’Università di Sassari, e in passato direttore della Soprintendenza per i beni archeologi di Cagliari e del Museo Nazionale di Cagliari – Con il mito di Iolao e i Tespiadi si crea l’immagine di concezione greca della Sardegna come isola felice». Su invito di Iolao, sarebbe arrivato anche Dedalo, che qui avrebbe costruito i nuraghi. «Dedalo è l’immagine mitica del grande architetto, del grande artigiano. È utilizzata dalle fonti greche per rendere conto delle costruzioni che i greci videro in Sardegna, i nuraghi», – continua Bernardini.

Sardo e Iolao sono entrambi connessi a Eracle, il cui culto insieme a quello del Melqart fenicio era molto radicato in Sardegna, legato ai traffici marittimi e alle rotte commerciali e testimoniato anche da toponimi di età romana come Herculis Insula per l’Asinara, o l’Herculis portus tra Bithia e Nora. «Melqart ed Eracle sono due figure molto simili che vanno alla conquista dell’Occidente – spiega Bernardini – santuari a loro dedicati sono per esempio a Tharros e Olbia. Ci restano molte statuine ed ex voto che richiamano la presenza di Melqart ed Eracle, vicino all’immaginario popolare con le sue grandi fatiche». Il dio eponimo dei sardi era invece venerato ad Antas. Di un Sardo “patoris ieròn”, luogo di culto del Sardus Pater dove si sarebbe trovato il simulacro di Sardus, parla Tolomeo nel III secolo d.C.

La ricerca del tempio, situato dal geografo greco nella Sardegna sud-occidentale, ha appassionato tantissimi studiosi sino ai primi scavi negli anni Sessanta. «Il volume dell’Accademia dei Lincei promosso dal professor Torelli è davvero importantissimo perché vuole fornire un quadro storico completo delle vicende del santuario, partendo dall’età protostorica fino all’età di Caracalla attraverso le archittetture, le iscrizioni, gli ex voto – dice Paolo Bernardini, che in questa pubblicazione curerà la parte dedicata all’età nuragica –. Un elemento importante non soltanto per il Sulcis Iglesiente, dove si trova il tempio, ma per l’intera Sardegna perché il Sardus pater è considerata la divinità fondativa del popolo sardo».

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