La Nuova Sardegna

Lingua e cultura, l’identità tradita dai nuovi falsari

di Marcello Madau
Lingua e cultura, l’identità tradita dai nuovi falsari

Dalla scrittura nuragica al mito di Atlantide. L’archeologia diventa un campo a rischio

29 aprile 2013
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Sta riprendendo vigore la moda dei falsi culturali. D'altronde, oggi appartiene a un più vasto fenomeno del mercato. Sembra che tocchi anche a una presunta scrittura nuragica.

Il corto circuito fra scolarizzazione di massa, crescita della coscienza territoriale e nuovi mercati del “tipico” dà esiti assai contradditori. Aumenta la consapevolezza, il lavoro cognitivo. Ma si moltiplicano le costruzioni emotive basate su dati approssimativi, spesso inventati, non verificabili. Nascono fiori non proprio naturali, pur con esiti d'arte anche apprezzabili. D'altronde, come dimenticare il legame fra un grande fenomeno artistico come la “Sturm und Drang” e i falsi “Canti di Ossian”?

Agli stati nazionali moderni, e a quelli che vorrebbero diventarlo, sembra servire il collante dell'immaginario emozionale. Una notte delle origini popolata da eroi in armi, divinità misteriose, ritualità emotive e sanguinarie, catastrofismi, tsunami. Oggi la sarabanda, spesso ridicola, di falsi e mezzi falsi offre le sue grazie all'industria culturale del tempo libero e dell'identità, del mercato. Si moltiplicano maschere tradizionali inventate da poesie inventate. Nel campo dell'archeologia persone e piccole comunità si autocertificano come portatrici di verità colpevolmente ignorate dalla ricerca scientifica. Per le figure di archeologo e demoantropologo sembra non contare la definizione professionale. Si può dire ad un ingegnere che il suo ponte fa schifo, ma senza essere ingegneri vi mettereste a costruirne uno?

E' allora opportuna la lettura del saggio di Raimondo Zucca dal titolo Storiografia del problema della “scrittura nuragica” uscito nel nuovo numero del Bollettino di studi sardi (numero 5_2012), edito da Cuec-Csfs (Centro di studi filologici sardi) . L'archeologo oristanese documenta le posizioni storiche sul tema, le varie letture nei secoli, compresi i limiti e le aggiunte moderne di un sistema scrittorio assai discutibile come quello che si raccoglie attorno alle proposte di Gigi Sanna.

L'assenza di contesti stratigrafici, la sparizione degli originali, l'uso di aspetti parzialmente credibili, le integrazioni moderne formano un groviglio che la competenza (e la pazienza) di Raimondo Zucca ordinano in un'analisi densa e convincente. Iscrizioni reali e segni aggiunti, incisioni “post-patina”, possibili giochi di operai di scavo, interpretazioni fantasiose basate su un corpus inesistente, che cerca disperatamente di formarsi su segni e manufatti spesso di origine precaria senza raggiungere la massa critica necessaria per impostare e proporre analisi e letture.

I materiali disponibili sono riesaminati, collocati cronologicamente. Ma il lavoro – puntuale nell'attribuire a tempi e contesti post-nuragici alcune iscrizioni, e a valutare come “moderne” altre – affascina per le vastissime letture mediterranee. E per quell'indice verso Cipro, luogo di relazioni incrociate dal quale dovettero dipendere tante vicende sarde. Sino agli ultimi eccezionali ritrovamenti nuragici nell’isola del Rame, all'ipotesi di lettura dell'eccezionale iscrizione sullo spillone nuragico proveniente da Antas.

Il pregio del saggio non sta solo nella grande dottrina impiegata e mostrata, ma nella civile dialettica verso un mondo che ricorre comunemente ai toni delle crociate (e a volte dell'insulto) contro la “torre d'avorio” dei “poteri accademici” (peraltro anche in una torre piena di difetti la somma degli stessi non dimostra la veridicità di una scrittura inesistente).

Io sono molto convinto che le forze che con più vigore si richiamano all'identità sarda e ai suoi valori storici saranno disposte (molti lo hanno fatto per Atlantide) ad abbandonare lusinghe emotive. La strumentalizzazione oggettiva del senso di inferiorità che la dipendenza e il colonialismo hanno costruito in molti sardi. La Sardegna, con le sue culture, è magnifica senza alcun bisogno di invenzioni ideologiche. Anzi, la speranza di un nuovo modello sociale basato sulla cultura e sul paesaggio ha più che mai bisogno, per essere davvero solido e civilmente etico – e non infangare l'identità – di inflessibile rigore scientifico.

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