La Nuova Sardegna

Omicidio di Gavoi, il presunto assassino resta in carcere

di Valeria Gianoglio

GAVOI. Il tribunale del riesame di Sassari ha deciso: Pierpaolo Contu, il giovane operaio di Gavoi indagato come presunto killer della casalinga Dina Dore, uccisa nel garage di casa il 26 marzo 2008,...

28 aprile 2013
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GAVOI. Il tribunale del riesame di Sassari ha deciso: Pierpaolo Contu, il giovane operaio di Gavoi indagato come presunto killer della casalinga Dina Dore, uccisa nel garage di casa il 26 marzo 2008, resta in carcere. Per i giudici sassaresi che hanno respinto le richieste della difesa di Contu, le parole del suo principale accusatore, il superteste dell’inchiesta, non solo sono utilizzabili ma anche più che attendibili. Come già avevano stabilito i giudici cagliaritani che qualche settimana fa avevano confermato il carcere anche per il marito della vittima,Francesco Rocca confermando l’ordinanza del gip Giorgio Altieri. Il racconto del superteste resta il motivo principale per il quale sia Pierpaolo Contu, sia il marito di Dina Dore, devono rimanere in cella.

Per la difesa di entrambi gli indagati, il racconto del superteste è invece un tripudio di contraddizioni e bugie. A cominciare da una. Il superteste, infatti, in diverse occasioni, alle squadre mobili di Nuoro e Cagliari, aveva raccontato che Pierpaolo Contu, tempo dopo avergli confessato di essere il killer di Dina Dore su commissione di Francesco Rocca, aveva tentato di togliersi la vita. «Un giorno – aveva raccontato – sono entrato a casa sua e l’ho visto dentro la vasca da bagno con un phon in mano».

Già nel corso dell’incidente probatorio che si era tenuto a Sassari, questo racconto era stato modificato, e il superteste aveva detto che Contu, quel giorno, «era fuori dalla vasca», e non dentro come aveva detto nell’autunno scorso. Ma il punto è, che come ha fatto rilevare il difensore di Contu, Gianluigi Mastio, la vasca, a casa del ragazzo, non è mai esistita. Lo confermano persino gli operai che in quella abitazione hanno eseguito alcuni lavori. E allora? Il superteste si è inventato tutto? Ha inventato l’episodio del suicidio ma anche qualcosa di ben più grave e sostanzioso? E soprattutto: per quale motivo lo avrebbe fatto? È stato spinto da qualcuno e ne ha avuto un tornaconto? Questo, a grandi linee, è uno dei sospetti della difesa, sia di quella di Contu, sia di quella di Rocca, rappresentata dagli avvocati Angelo Manconi e Mario Lai.

Ma i giudici, sinora, hanno bocciato questi sospetti, confermando in pieno sia l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per Francesco Rocca, sia quella per Pierpaolo Contu. Entrambi devono rimanere in carcere. Troppi gli indizi e i riscontri al racconto del superteste. Sia Rocca, sia Contu, in cella ormai da due mesi, ai familiari e ai legali continuano a dire di non capire perché il loro compaesano li stia accusando dell’omicidio Dore.

Francesco Rocca ha ricordato ai legali che non riesce a spiegarsi per quale motivo, se davvero lo accusava di essere il mandante, il superteste aveva fatto colazione con lui qualche giorno dopo aver raccontato tutto alla polizia. I legali di Rocca, in queste ore, hanno fatto ricorso in Cassazione.

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