La Nuova Sardegna

Il racconto dei baby clochard, in fuga per vivere il loro amore

di Silvia Sanna
Il racconto dei baby clochard, in fuga per vivere il loro amore

Le famiglie osteggiavano il rapporto «ma noi non ci lasceremo mai»

24 febbraio 2013
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SASSARI. Cinque euro in tasca, due pezzi di pizza già digeriti nello stomaco, l’aria gelida che taglia la faccia. Alle 19 della sera, mentre piove a dirotto, Manuel e Maria stanno sotto i portici nel centro storico di Portogruaro: in piedi, perché se si sedessero potrebbero beccarsi un’altra multa, come un mese fa. Il pensiero corre già alla notte, bisogna trovare un posto dove dormire e non deve essere troppo freddo, perché le coperte nascoste sotto una siepe sono zuppe d’acqua.

La nuova vita di Manuel e Maria è iniziata cinque mesi fa, quando hanno lasciato la Sardegna. La loro è la storia di un amore giovane ma forte, un amore contrastato dalle famiglie: «I nostri genitori non vogliono che stiamo insieme. Per questo siamo stati obbligati ad andare via, non avevamo altra scelta», dice Manuel.

Si sono conosciuti a Oliena, dove Maria viveva insieme al padre a casa della nonna. Era rientrata da poco dalla Toscana, dove stava con la mamma e il fratello più piccolo. Anche Manuel era tornato solo da qualche mese a Nuoro: sino ad allora aveva vissuto a Vicenza, con alcuni parenti della madre. A Nuoro Manuel aveva scelto la vita di campagna: pastore, ogni giorno sveglia all’alba, tanta fatica ma «più divertente che lavorare in città», nel negozio del padre. Quando hanno detto alle rispettive famiglie di essersi fidanzati, è iniziato il dramma. Vecchi rancori, storie di inimicizia che i due ragazzi neanche conoscono, ma sufficienti per fare dire al padre di Manuel: «Tu con quella non puoi stare». Stessa reazione a Oliena, a casa di Maria, dove pure i due hanno vissuto per qualche giorno. Ma il clima era terribile, e la decisione è stata quasi immediata: «Partiamo, andiamo lontano».

Il primo a salire sulla nave è stato Manuel. Una settimana dopo Maria l’ha raggiunto in Toscana, vicino a Grosseto. E all’inizio le cose non andavano malissimo: «Facevo qualche lavoretto, manovale, lavapiatti o qualunque altra cosa – dice Manuel –, avevamo una stanza, almeno dormivano al caldo». Poi più nulla. A gennaio di nuovo in viaggio, verso il Nord. «A Portogruaro – racconta Maria – perché Manuel conosce la zona e ha già lavorato nelle località turistiche della costa». Ma ancora è presto, gli hotel sono chiusi, il turismo è ancora in letargo. A Portogruaro Manuel e Maria hanno incontrato un clima freddo, «quasi ostile, qui nessuno ci dà una mano, sembra che diamo fastidio anche se non facciamo nulla di male». Porte chiuse, nessun lavoro, neppure un sorriso di comprensione. E sono rarissimi i gesti di generosità «quando chiediamo qualcosa da mangiare o un aiuto per non dormire al freddo», dice Maria. Lei ha una caviglia dolorante e la bronchite cronica. Ha fame e freddo, ma guarda avanti. Indietro non si torna: la Sardegna è lontana, con le famiglie i contatti sono quasi inesistenti, «forse mio padre l’ho sentito 20 giorni fa, e mia madre non può aiutarci perché abita in una casa piccola e per noi non c’è spazio». Il presente è un’incertezza, «perché non sappiamo mai se troveremo qualcosa da mangiare e dormiamo per terra con gli occhi aperti». Il futuro è un’incognita che fa paura, anche se per stare bene basterebbe veramente pochissimo. Qualche soldo in tasca, un letto morbido e una minestra calda. Manuel e Maria alla vita non chiedono altro.

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