La Nuova Sardegna

Di mamma ce n’è più d’una Così cambia la maternità

di Giulia Clarkson
Di mamma ce n’è più d’una Così cambia la maternità

La conduttrice di “Fahrenheit” in Sardegna per presentare il suo nuovo libro, questo pomeriggio all’«Azuni» di Sassari e domani a Oristano con Michela Murgia

22 febbraio 2013
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di Giulia Clarkson

Bambine, vecchie, madri. La trilogia è compiuta. Loredana Lipperini torna a parlare di donne per parlare dell'Italia di oggi, di quello che siamo, madri e non madri, padri, uomini e transgender. Lo fa da un'angolazione che rende subito evidenti le storture e le contraddizioni in cui viviamo. Scrittrice, giornalista e voce amata della trasmissione culturale “Fahrenheit” di Radio 3, Loredana Lipperini sceglie la Sardegna, e la comunità Lìberos, per presentare il suo nuovo lavoro freschissimo di stampa “Di mamma ce n'è più d'una”(Feltrinelli) nei giorni dell'uscita in libreria. Dopo Cagliari e Isili, sarà a Sassari quest'oggi nell'aula magna del liceo Azuni, alle 18, con Rita Marras e Tiziana Marranci, e domani ad Oristano, alle 17 nei locali del Centro Servizi Culturali Unla, in compagnia della scrittrice Michela Murgia.

Quante ce n'è di mamme?

«Tante quante le donne, almeno. Non esiste un modello unico o giusto, non esiste un ideale di mamma perfetta. In questo libro mi sono messa in gioco in prima persona, racconto cose anche molto dolorose legate al mio essere madre, per rendere esplicito il mio percorso e dunque le scelte che sostengo. Voglio dire, se prendo posizione contro il parto in casa è perché sono portatrice della mia storia, ma non pretendo che debba essere valida per tutti. Mi fa orrore pensare che il modello di una debba essere un modello per le altre.

E invece alcuni modelli oggi dilagano, come il "materno di ritorno". Di che si tratta?

«È un modello totalizzante, quello di una madre che "sceglie" di rimanere in casa per occuparsi solo dei figli, qualcosa che per le madri della mia generazione, che volevamo invece anche lavorare, era improponibile. Oggi invece questo nuovo modello di maternità si sposa con la filosofia della decrescita, ma riposiziona le donne in casa. Sia che facciano marmellate sia che coltivino l'orto biologico o usino la tecnologia, il posto delle madri è la casa».

Non è una scelta legittima?

«In Usa il problema è stato posto dalle colonne dei maggiori quotidiani: può essere meraviglioso accudire esclusivamente un figlio per i primi otto anni, ma è davvero una scelta libera? È consapevole? O c'è un momento in cui il piacere si trasforma un dovere senza che ce ne accorgiamo? In Italia emerge dai blog delle madri, ormai punti di riferimento per le agenzie di marketing. Le madri sono le prime consumatrici, non si può andare contro di loro. Molte blogger sono tester di prodotti. C'è una regolamentazione, perché il giro d'affari è enorme. Io dico: perché non usare questa forza per farsi lobby e chiedere con forza asili nido, tempo pieno nelle scuole e un welfare a favore delle donne, come in America fa Cafè Mom? In Italia il paradosso è che si santifica il materno ma siamo il Paese che per la maternità fa meno. Le madri si sentono sole e mai completamente adeguate».

C'è un legame con il decadimento degli ultimi decenni?

«Di certo è connesso con l'impoverimento: è il frutto di un’epoca che abolisce il Noi al favore dell'Io. Ognuno ragiona per sé, porta avanti la sua scelta e semmai ritiene che i tort. i che ha subito gli diano ragione per agire con livore e rabbia. Negli anni Ottanta è finita l'idea di comunità. È molto difficile usare il Noi, a questo punto. Vedo solitudini di ego che formalmente condividono sui social network, ma sono soli. Per questo ho amato subito il progetto di Lìberos, che invece è comunità e condivisione vera».

Alle prossime elezioni sono candidate alcune femministe, le voterà?

«Dipende dal programma: se una candidata che viene dai movimenti non mi dice che cosa vuol fare, forse non avrà il mio voto. Nel confronto a cinque per le primarie del Pd, l'unico che ha parlato di programmi per le donne è stato Vendola. Il discorso è complicato: le donne sono pochissimo presenti dove si prendono decisioni, dunque è giusto pretendere le quote. Ma non sempre è bene. I primi provvedimenti di Elsa Fornero sono stati contro le donne più in difficoltà».

All'incontro delle femministe di Paestum si è detto che occorre capovolgere l'oggetto della politica, mettendo al centro il lavoro della cura e delle relazioni. Cosa ne pensa?

«Credo nell'immaginario e nell'azione sociale; l'una non può fare a meno dell'altra, inutile pensare alla riforma sociale se non si lavora anche sul simbolico. O tutto scorre via come l'acqua, come ripeteva Ida Magli, mia maestra. La "cura" riposta esclusivamente nelle donne è una gabbia. La cura non è una caratteristica femminile innata, appartiene a tutti. Continuare ad attribuirla solo alle donne non ci aiuta. Insomma, la cultura ha pure un suo peso, no? La questione della maternità è uno degli irrisolti più grossi (oggi o è totalizzante o non è). Finché si usa la maternità come un potere, e non si accetta di condividere questo potere (di cura e tutto il resto) con l'altra metà della coppia, non se me esce».

E l'istinto materno?

«Non esiste l'istinto, esiste l'amore. Le madri non sono sempre buone. E i padri neanche. È invece provato che ci sono resistenze culturali e religiose alla base della scelta di alcune donne di un rapporto esclusivo con il figlio. Nei Paesi a prevalenza cattolica-ortodossa è diffusissima la convinzione che i bambini in età prescolare soffrono se la mamma lavora. Nel Nord Europa è diverso, i padri vogliono avere ed hanno pari responsabilità».

Invece, in Italia?

«Fabrizio De Andrè cantava: "Non esistono poteri buoni". La madre non molla il suo potere, non delega. Vero è che i padri italiani fanno poco per condividere la cura, ma sarebbe il caso di dire: tieni, fai. Invece le madri o sono naturiste (vogliono il parto in casa, allattano fino ai sei anni, usano pannolini in stoffa) e allora il padre è San Giuseppe e non serve; o sono acrobate sempre trafelate (tra i blog e la ricerca della perfezione) e l'uomo non è mai capace, in casa fa solo sfaceli. I due gruppi si attaccano, ma non si rendono conto che nessuno è davvero libero».

Una Loredana Lipperini molto ottimista, cosa vedrebbe?

«Le madri naturiste e acrobate si uniscono per rivendicare altri modelli, costringono la politica ad occuparsi di loro. La speranza è affidata alla consapevolezza. Raggiungerla, diffonderla, lavorare assieme sul linguaggio della vita è il primo passo».

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