La Nuova Sardegna

Bottidda, uccisi i maiali ma il giallo resta

di Francescio Bellu
Bottidda, uccisi i maiali ma il giallo resta

Come prevede il protocollo sanitario cominciati gli abbattimenti dei 1600 capi della Tecnopig misteriosamente contagiati

14 agosto 2012
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BOTTIDDA. È un lavoro lento. Prima vengono fatti i prelievi del sangue, poi si abbatte. Una scarica elettrica veloce. È un attimo, gli animali non soffrono. Mano a mano che si procede i maiali vengono issati uno per uno con una gru e deposti sul cassone aperto di un camioncino. L'ultima tappa è la buca profonda più di sei metri ai margini dell'azienda.

Pochi istanti prima di ricoprirli con la terra gli viene estratto un organo che verrà poi analizzato in laboratorio. Si andrà avanti così per tutto il giorno sino al tramonto. Alla fine della giornata nella fossa ci sono più di 1600 carcasse. Un'immagine brutale.

Nessuno quasi crede che possa essere reale. Primo fra tutti Gianfranco Campagnani che non riesce ancora a darsi pace e a spiegarsi come il suo allevamento di maiali possa aver contratto la peste suina africana. Ha sempre seguito alla lettera le disposizioni del Servizio sanitario della Asl di Sassari, puntuale come un orologio.

Uno scrupolo che era garanzia di qualità, di un lavoro fatto bene. Le operazioni vanno avanti dalla mattina presto.

Il sito in cui si stanno abbattendo e seppellendo i maiali è off limits ai non addetti ai lavori. C'è il via vai d una decina di veterinari provinciali e regionali, dei loro ausiliari tecnici, ci sono i Nas, i Carabinieri che controllano l'area, i responsabili del Servizio sanitario della Asl sassarese e dell'Istituto Zooprofilattico. Da Perugia è arrivato anche Francesco Feliciani, responsabile del Centro di Referenza Nazionale di Perugia, che si occupa dello studio e della diagnosi delle pesti suine. È venuto apposta per vedere con i propri occhi cosa sta succedendo.

Il caso di Bottidda, Il caso infatti, è grave, e lo si era capito da subito: c'è il rischio che salti l'intero comparto suinicolo sardo con un danno economico devastante per l'Isola.

Un colpo mortale, per usare le parole espresse pochi giorni fa dalle associazioni regionali di categoria agricole (Coldiretti, Cia, Confagricoltura Sardegna) che avevano chiesto un incontro urgente con i responsabili politici regionali competenti «per stabilire se il settore suinicolo sardo è morto a Bottidda o deve continuare a vivere». Ma non è solo il comparto zootecnico a rischiare, ma anche le tante persone che lavorano nell'azienda “Tecnopig”.

Fino a ieri l'allevamento riusciva a coprire quasi due terzi del mercato sardo “sfornando” 300 maiali a settimana. Una produzione importante che era diventata uno sbocco professionale per una decina di persone nel territorio, tra cui alcune donne.

Ed è proprio su questo aspetto che si sofferma il sindaco di Bottidda Gavino Garau: «Siamo molto preoccupati per il destino di un'azienda fondamentale non solo per il paese ma per tutta la Sardegna. - sottolinea – Soprattutto sulle ricadute che tutto ciò potrà avere sul personale. Per noi è essenziale che la “Tecnopig” possa continuare a esistere».

30 anni di storia Trent'anni di attività non possono, infatti, finire in questo modo. Nato come centro d'ingrasso grazie alla caparbietà di Salvatore Campagnani, il fondatore dell’azienda recentemente scomparso, si era mano a mano specializzata nell'allevamento suinicolo d'eccellenza utilizzando razze di qualità come la “Large white landrace” per le scrofe e “Pietrain” per i verri.

Il testimone era poi passato al figlio Gianfranco aiutato dai figli Salvatore, 22 anni, stesso nome e stessa passione del nonno e Stefano, di 20 che sta ancora studiando.

La scopertaI primi sintomi della peste suina africana erano comparsi all'improvviso all'inizio della settimana scorsa, quando 14 scrofe, sulle 600 presenti, erano morte in maniera inspiegabile.

L’allevatore, preoccupato, aveva avvertito subito i veterinari della Asl ed erano state avviate tutte le verifiche del caso con il prelievo dei campioni anatomici.

Contemporaneamente il Servizio Veterinario aveva informato Ministero, Regione e Centro di Referenza Nazionale e aveva notificato il sequestro cautelativo dell’azienda al sindaco di Bottidda.

In seguito il responsabile del Dipartimento di prevenzione della Asl di Sassari, Francesco Sgarangella, aveva convocato un'Unità di crisi nel paese goceanino in cui erano presenti i dirigenti dei tre servizi veterinari, i responsabili dell’Istituto Zooprofilattico e una delegazione del Comune guidata dal sindaco Gavino Garau.

Erano state subito avviate tutte le procedure per l’eradicazione del focolaio, monitorare la malattia, proseguire le indagini mediche e definire le zone di vincolo e i controlli sanitari.

Ma soprattutto predisporre la misura più dolorosa: l'abbattimento degli oltre 1600 maiali. Unica misura purtroppo necessaria per ridurre al minino il contagio in un'area come il Goceano in cui si è riscontrato in questi mesi tutta una serie di focolai a macchia di leopardo.

Se da un lato è possibile che l'inasprirsi della malattia sia dovuto a ripopolamenti irregolari e ad introduzioni fatte eludendo i controlli sanitari nelle zone già interessate dall’epidemia, dall'altro ci sono stati di recente dei casi "anomali" che hanno aperto interrogativi ben più inquietanti sulle modalità di diffusione della malattia in queste terre.

Come quello dell'azienda di Frida, un centro sperimentale di Agris specializzato nella selezione e nell’allevamento della pregiatissima razza sarda autoctona. Un attentato che è probabilmente di natura dolosa, visto che la comparsa della malattia è stata associata al ritrovamento di una carcassa infetta di un cinghialetto e di un pezzo di carne con il virus. Come quello della “Tecnopig” di Bottidda.

Un mistero Rimane, infatti, tuttora un mistero su come il virus possa essere penetrato in una delle aziende più controllate del nord Sardegna, mettendola praticamente al tappeto. Un fatto inspiegabile che lascia sul campo non solo maiali uccisi ma anche tante domande che devono avere al più presto una risposta. Soprattutto se si ritiene che la suinicoltura in Sardegna debba avere ancora un futuro. Ma a questi interrogativi possono rispondere solo le autorità politiche, non solo regionali.

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