La Nuova Sardegna

Il medico con gli stivali che incanta i pazienti

di Luigi Soriga
Il medico con gli stivali che incanta i pazienti

Chi l’ha incontrato descrive il dottor Dore: «Ti stupisce per il look, poi ti ipnotizza con il suo carisma»

09 agosto 2012
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SASSARI. Bastano tre secondi per avere la totale certezza che Giuseppe Dore sia un medico fuori dagli schemi. Quando un paziente sta per essere ricevuto da uno specialista, ciò che si aspetta di incontrare al di là della porta (e forse si augura) è un camice bianco, un paio di occhiali che sanno di studi e conoscenza, e una figura distinta alla quale affidare il proprio destino. Insomma, quell'equipaggiamento base col quale l'immaginario collettivo disegna il medico di fiducia. Ciò che si materializza nello studio di Ittiri frantuma ogni certezza. Perché Giuseppe Dore, dice chi l’ha incontrato, è capace di accoglierti così: maglietta elasticizzata nera stile tronista. Jeans scuri stretti. Stivali camperos neri. Una catena d'oro al collo grossa così. E per finire una cascata di capelli neri, fluenti sino ai gomiti. Il primo impatto è devastante: viene da pensare di aver sbagliato stanza. Ma dieci secondi dopo, quella manciata di metri quadrati si riempie completamente della sua presenza, del viso in fondo dolce e amichevole, dei modi garbati, di un eloquio suadente e allo stesso tempo sicuro, di gesti che disegnano le parole nell'aria.

La seconda sensazione di chi incontra Giuseppe Dore è questa: ti dà del lei, ma è come se stesse parlando a una persona che conosce da una vita. E poi lo sguardo: non riesci a sottrarti dai suoi occhi, come se un filo invisibile cucisse la tua attenzione alle sue pupille. L'impressione è di essere quasi ipnotizzati. Così, dopo qualche minuto, l'immagine familiare del dottore in camice, occhialetti e stetoscopio è spazzata via, e vien naturale mettere la propria vita e quella delle persone amate nelle mani di un capellone con gli stivali. Perché sa il fatto suo, ha carisma, racconta una storia, che se fosse vera, è la più bella che si possa ascoltare. Dore la srotola benissimo. Parte dall'origine del mondo, dal Big Bang. Attinge dalla cabala, ci spruzza un po' di esoterismo, tira dentro anche l'astrologia. Ma argomenta tutto con estrema logica. Ogni tanto prende delle pause e dice: «Mi segue?». Oppure: «Su questo passaggio vorrei la massima attenzione». E le frasi si fanno dense dense quando descrive la "Psiconeuroanalisi", e il potere terapeutico delle parole. L'Alzheimer rosicchia i neuroni e riduce la corteccia celebrale come un colabrodo? Il metodo Dore rammenda i buchi non con le medicine, ma con il linguaggio, capace di riattivare le sinapsi e i legami chimici. È una teoria affascinante, perché sottende la possibilità della mente di autorigenerare il proprio potere cognitivo.

«Il mio è un metodo universale – assicura Dore – non è valido solo per i malati. Un cervello sano con gli esercizi potrebbe raddoppiare le sue potenzialità intellettive». La stanza ormai è saturata da un ego smisurato capace di emanare bagliori di genialità frammista a lampi di megalomania. Se in mezzo a tanto stordimento dovesse sorgere un dubbio e a uno venisse da chiedere: «Dottore, in questi anni le è mai capitato di incontrare qualcuno o trovare su internet un collega che lavora a intuizioni simili alle sue?». La risposta è questa: «È come chiedere ad Einstein se conosce un altro scienziato alle prese con la Teoria della relatività».

Il fatto è che dopo un quarto d'ora si rimane avvinghiati alle fascinazioni della Psiconeuroanalisi, e non perché non si hanno strumenti di difesa o si è dei semplici creduloni. Altrimenti un consigliere regionale non parlerebbe di Dore come di colui che possiede la “Conoscenza assoluta”. O una neurologa stimata come la D'Onofrio non penderebbe così tanto dalle parole del Maestro da mimare con le mani una corda invisibile quando Dore dice: «Bisogna tirare fuori i malati dal pozzo nero nel quale sono precipitati». Anche chi entra nello studio è come se si tuffasse in un pozzo: ne riemerge con l’ebbrezza di condividere un grande sapere, ma così grande da poter cambiare il mondo.

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