La Nuova Sardegna

La mano della “casta “sui beni culturali

Marcello Madau
La mano della “casta “sui beni culturali

Un progetto trasversale per accentrarne la gestione attraverso la creazione di una Fondazione controllata dalla Regione

28 maggio 2012
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Sta per essere discusso in Consiglio Regionale un testo unificato (ovvero centro-sinistra più centro-destra) per la nascita della Fondazione Sardegna beni culturali, che si dovrà occupare «della gestione, della valorizzazione, fruizione e ricerca scientifica del patrimonio culturale della Sardegna». Martedì 29 a Cagliari ci sarà invece un convegno dal titolo accattivante "Il sistema museale di Mont’e Prama. Un approccio partecipativo alla valorizzazione", promosso dal ministero dei Beni e delle attività culturali. Motto in piena evidenza: “Beni culturali beni comuni”. Ma circola voce che si discuterà anche della suddetta Fondazione. L'attuale situazione dei beni culturali è molto critica: calo dei finanziamenti, crisi del sistema della tutela e della formazione, gestioni rinnovate talora anno per anno, livelli non certo omogenei di professionalità, carenza di norme, rischi di particolarismo. La Regione cerca di rimediare con un soggetto unico, puntando sulla fascinazione di due promesse: la semplificazione delle procedure tramite un ente che assuma direzione e fondi, l'assunzione degli operatori delle cooperative e società operanti nelle aree e nei vari organismi di gestione (dalla Fondazione e non dalla Regione), ai quali affidare persino funzioni di coordinamento; comitato tecnico-scientifico con presenza costante delle Soprintendenze e dell'Università (gli organi del Ministero dei beni e delle attività culturali Ministero, dovrebbero controllare per le materie di competenza, l'operato della Fondazione. Così controlleranno anche se stesse...). Pur essendovi “beni e attività culturali” ad essi relative – mancano le istituzioni dell'Alta formazione artistica e musicale, come i Conservatori e le Accademie di Belle Arti. Molte organizzazioni professionali, come gli archeologi, non sono state neppure sentite. L'Associazione nazionale archeologi-Sardegna ha manifestando preoccupazione e forti perplessità su questa iniziativa. Il sistema dei beni comuni, autogoverno delle comunità all'interno di regole chiare universali e organismi centrali snelli, ha portato Elinor Ostrom, che ne ha dimostrato la maggiore efficienza, al Nobel per l'economia nel 2009. La Regione, invece di ragionare su questo modello coordinando una serie di beni, forze e risorse in modo da migliorarne gli assetti proponendo standard qualitativi, disegna un modello accentrato, con gravi ricadute sul sistema lavoro e non pochi aspetti giuridicamente discutibili. Così la scelta che sembra imporsi ,”dall'alto”, per Mont’e Prama, frantumando contesti unitari di beni comuni e magari chiamandola azione partecipata. Ci auguriamo che ci si fermi su questa strada, perché le statue nuragiche ed i materiali connessi devono risiedere tutte nel territorio di provenienza, evitando la scellerata divisione in tre sedi (Cagliari, Cabras, Li Punti). Territorio bene comune. Ma nel testo della Fondazione si configura un'azione di “esproprio” dei Comuni, sia dal punto di vista amministrativo sia da quello finanziario. Che faremo poi dei compiti delle Province? Ancora, tensioni giuridiche: se la valorizzazione dei beni culturali è una competenza concorrente fra Stato e Regione, e la gestione del patrimonio archeologico può avvenire nei territori tramite appositi accordi, area per area, la conservazione (a differenza di quanto emerge dal testo) è competenza primaria dello Stato. Spero che non si sia pensato che siccome le aree archeologiche, tramite la legge regionale 14/2006, sono dentro il sistema museale ed il circuito museale è di competenza della Regione, le aree archeologiche sono perciò di competenza della Regione. Le ragioni per le quali la Sardegna non sfrutta appieno, anzi assai male lo straordinario patrimonio culturale dipendono da molti fattori. Non si risponde a questa crisi accentrando tutto il potere nei palazzi cagliaritani. Nasce il dubbio di una potente operazione, trasversale, nella quale la classe politica tradizionale (ancora dominante nel consiglio regionale) costruisce un nuovo sistema di potere. Sulla risorsa nella quale si appuntano le speranze del territorio e dei lavoratori cognitivi. Questioni aperte, per le quali ci si augura che la saggezza prevalga, evitando che questa Fondazione vada avanti, o modificandone radicalmente la logica. E che le statue di Mont’e Prama non vengano divise in tre sedi. Beni culturali e territorio: beni comuni, ma seriamente.

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