La Nuova Sardegna

I tuareg mobilitati per riportare a casa Rossella Urru

di Stefano Ambu
I tuareg mobilitati per riportare a casa Rossella Urru

Le popolazioni del deserto tra Algheria, Mali e Burkina Faso vorrebbero subito la liberazione di tutti gli ostaggi

20 maggio 2012
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CAGLIARI. Anche i Tuareg sono impegnati ogni giorno nelle trattative per riportare a casa Rossella Urru. Molte delle popolazioni della fascia di deserto tra Algeria, Mali e Burkina Faso, zona in cui verosimilmente viene tenuta prigioniera la cooperante di Samugheo rapita a ottobre, vorrebbero subito la liberazione non solo di Rossella, ma di tutti gli ostaggi. Ma c'è un grosso problema: bisogna fare i conti con i gruppi fondamentalisti. L'opera di mediazione è delicata, ma non si ferma. Mai. È il quadro tracciato a Cagliari, nel corso di un incontro promosso dalla consigliera regionale di "Sardigna Libera", Claudia Zuncheddu, con Fadimata Walett Oumar, musicista, voce e tamburo del gruppo Tartit, una leader dei movimenti delle donne Tuareg. «Rossella – ha detto Fadimata – è stata rapita nelle terre dei Tuareg ed è sicuramente ancora nella zona. Ma i Tuareg non c'entrano niente: da subito ci siamo impegnati per il rilascio di tutti gli ostaggi. Ogni giorno i nostri rappresentanti incontrano i capi delle tribù per far passare questo messaggio». Una voce autorevole, quella di Fadimata, non solo perchè canta, ma anche perchè fa parte di una delle famiglie più importanti e influenti di Timbuctu, antica città del Mali. E da anni è in prima linea nelle battaglie per l'indipendenza dell’Azawad. Un nome, quello della sua terra di origine, che porta impresso anche nello scialle nero al collo. Una donna di quasi un metro e 80 che porta in giro, anche grazie alla sua attività di musicista (il suo gruppo è spesso ospite di rassegne internazionali) il dramma e la disperazione del suo popolo. E anche personale: lei stessa, in seguito al conflitto scoppiato con il governo del Mali, vive in un campo profughi del Burkina Faso. «Campi abitati - ha ricordato – ormai esclusivamente da donne e bambini perché gli uomini sono in guerra. Le organizzazioni umanitarie arrivano, prendono nota, danno qualche aiuto, ma la situazione è difficile». Inevitabile l's.o.s: «O si interviene subito, o sarà una catastrofe: non si può più aspettare». La musicista, una volta terminato il suo tour in Europa, tornerà nei maxi accampamenti. Ma sino all'ultimo cercherà di perorare le ragioni dell'Azawad. «Dal colonialismo al neocolonialismo- ha spiegato Claudia Zuncheddu – stiamo parlando di una terra ricca di risorse come oro, petrolio e uranio. Che fanno gola a tanti». All'incontro ha partecipato anche la Croce rossa internazionale: «Da queste testimonianze – ha detto Maria Teresa Baldan – emerge un quadro di disperazione legato soprattutto alla mancanza di punti di riferimento che diano forza o speranza».

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