La Nuova Sardegna

«Sardi meglio dei politici». Esultano Parisi e Segni

di Vannalisa Manca
«Sardi meglio dei politici». Esultano Parisi e Segni

Il deputato del Pd: «Sono stati cancellati gli errori che duravano da dieci anni». Il leader referendario: «Riforma delle Province? Promesse mai mantenute»

08 maggio 2012
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SASSARI. Esulta il deputato del Pd Arturo Parisi e si gode «la gioia del giorno» - come afferma, con sorriso soddisfatto - per il risultato dei dieci quesiti referendari “anticasta”, soprattutto perchè «una quota elevata di cittadini ha dimostrato di voler correggere gli errori della politica, facendo sentire la propria voce con il voto».

Una vittoria schiacciante dei sì che fa dire al leader storico dei Riformatori, Mario Segni, che «questo è il segnale che la speranza non è morta. Non è vero che il Paese è rassegnato di fronte all’inerzia politica. I cittadini hanno desiderio di parlare e soprattutto vogliono farsi ascoltare. Lo hanno fatto esprimendo un voto referendario: è una vittoria della democrazia e dell’autonomia». Sardegna come laboratorio della politica nazionale, alla quale l’elettorato sardo dà immediate risposte sui tagli alla “casta” e sulla riduzione della spesa accorpando le province, come richiesto nei giorni scorsi dalla Bce all’Italia. Una risposta secca, arrivata con il sì che boccia le quattro province regionali istituite dieci anni fa. Era stata «una scelta sbagliata, folle» e oggi «da sardo, orgogliosamente sardo - afferma Segni - dico che dall’isola arriva una lezione alla politica nazionale, quando afferma di voler abolire le province, ma finora non è stato mosso un granello. Quando il Governo Berlusconi pensò di sopprimerle, la Lega si schierò contro e la proposta si arenò».

Adesso, mentre alcuni presidenti delle province da cancellare si sono dimessi, dalla Gallura arriva l’urlo di Fedele Sanciu (Pdl)per il «caos che ora si viene a creare» e la riflessione del presidente dell’Ups Roberto Deriu che si chiede «adesso, cosa succederà?». Per i due referendari Parisi e Segni è chiaro che «ogni referendum comporta adeguamenti. Spetta alla Regione l’intervento che serva a far rispettare la volontà popolare».

«Il cambiamento va governato - aggiunge Parisi - per evitare che il disordine diventi stabile, come accade ancora oggi, a un decennio dall’istituzione delle quattro province regionali. Ci sono problemi irrisolti». Regna ancora la confusione, tanto che, ad esempio, la Provincia di Sassari continua a battere cassa nei confronti di Olbia-Tempio, per conti (economici) ancora in sospeso.

Rispondendo a Sanciu, Parisi sottolinea che «durante la campagna referendaria non abbiamo visto in campo i conservatori. L’unico che si è speso, e con ragione ha posto i problemi come presidente dell’Unione province sarde, è stato Roberto Deriu». Come dire, se Sanciu voleva conseguire un risultato, doveva “movimentare” meglio l’elettorato e aprire un confronto; l’astensione di fronte a un quorum superato, non è un dato utile. Insomma, i sardi hanno mostrato con il voto “anticasta” la loro insofferenza e un desiderio di rinnovamento, di partecipazione diretta. Non si è ripetuto l’errore - dicono Parisi e Segni - compiuto l’11 maggio del 2003, quando non si raggiunse il quorum per la validità del referendum abrogativo delle province di Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra e Olbia-Tempio. Sarebbe bastata una legge regionale, si sarebbe evitata la chiamata alle urne, «adesso - sottolinea Parisi - il riassetto lo chiedono i sardi, che hanno preso la cosa pubblica nelle loro mani».

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