La Nuova Sardegna

Calvia: la mia vita segreta con Orsola

Andrea Massidda
Il funerale di Orsola Serra e Alessandro Calvia, il presunto assassino
Il funerale di Orsola Serra e Alessandro Calvia, il presunto assassino

Parla il presunto assassino dell'insegnante algherese. "Era troppo eccentrica, non volevo farmi vedere con lei. Ma non l'ho uccisa. Il nostro era solo un rapporto di sesso, ma io sono fidanzato"

24 dicembre 2011
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ALGHERO. Cinque pagine per svelare la relazione con Orsola Serra, per dichiarare amore alla sua (vera) fidanzata e per gridare: «Non sono un brutale assassino». Alessandro Calvia, indagato per l'omicidio dell'insegnante algherese, scrive dal carcere. Quando l'uomo sospettato dalla Procura di aver ucciso la donna con cui aveva un rapporto clandestino e complicato chiede carta e penna per mandare una lettera alla Nuova Sardegna non sa ancora che il suo avvocato Stefano Carboni ha fatto ricorso al tribunale del riesame per ottenere la scarcerazione. E - visto che la missiva è datata 15 dicembre - non sa nemmeno che la corda sulla quale è stato trovato il suo Dna «non è più materialmente disponibile», con tutte le conseguenze che ciò potrebbe avere sull'indagine e su un eventuale processo. Alessandro Calvia, 41 anni, rinchiuso a San Sebastiano da più di due settimane, vuole soltanto spiegare perché è estraneo ai fatti che gli si contestano.

Lo fa raccontando la sua verità. «Perché non basta una cordicella a dire che io sono un assassino - scrive senza badare molto a grammatica e sintassi -, specie dopo che per quasi un anno mi ero lasciato con la mia attuale fidanzata che sposerò non appena uscito da qui». Poi parla della relazione con la vittima (che chiama «Signora Serra») svelando anche particolari che non è opportuno riportare. «Il più delle volte - continua il presunto assassino - le sue chiamate erano solo pretesti per fare sesso. Avevo vergogna di uscire con lei per il suo modo eccentrico di vestirsi, così gli unici posti dove io mi presentavo erano casa sua e i suoi box (auto - ndr)». Tra lui e Orsola, sostiene sempre Calvia, c'erano soltanto rapporti erotici. «Poi le dicevo che dovevo fare una commissione e che sarei tornato di lì a poco - aggiunge - e invece non tornavo più, anche perché lei, come è facilmente dimostrabile, era fidanzata con un altro uomo molto geloso di me». L'indagato si sofferma parecchio a descrivere questa persona, di cui peraltro fa nome e cognome, raccontando dei numerosi litigi tra l'uomo e Orsola. Litigi legati proprio alla gelosia.

«Significa - precisa Calvia - che io per andare in quella casa (quella della vittima - ndr) dovevo starci attento e non essere visto da lui, per questo tanti inquilini hanno detto di non avermi mai incontrato lì. Se avevo una relazione fissa non vedo perché dovevo nascondermi per salire a casa, o sbaglio?». L'impressione dell'indagato è che «nessuno stia facendo niente per mettere in luce l'alibi». Alibi che ripete, assicurando che lui e la sua fidanzata ufficiale quella sera del 23 ottobre hanno ordinato una pizza in via Mazzini per poi mangiarla a casa di lei senza più muoversi da quell'appartamento. Al termine della lettera il presunto assassino si rivolge ai genitori della vittima, Ettore e Aurea Serra. «Vogliono sapere la verità - scrive Calvia - e io mi affianco al loro dolore, ma mi affianco anche al dolore di mia madre, 67 anni, che ha tanto bisogno di me». E ancora: «Perché il padre non si ricorda in che posizione era la figlia (quando l'ha trovata morta - ndr)? Signor Ettore, scusi, ma devo difendermi da queste mostruosità. La mia cattiveria non è uccidere».

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