La Nuova Sardegna

Il conflitto è sempre lo stesso: tra gli interessi della nazione e quelli del sistema politico

Ferdinando Camon

Gli italiani capiscono la necessità di una stretta ma non le ingiustizie Salvi i grandi evasori, penalizzati i lavoratori

11 dicembre 2011
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Il 57 per cento degli italiani considera la manovra di Monti “necessaria” ma “da migliorare”, il 70 per cento ritiene che applichi il “rigore” ma non l’”equità”.

Dunque sono rassegnati a sacrificarsi perché non c’è alternativa, ma hanno l’impressione di patire un’ennesima ingiustizia. Sto con loro. Questa manovra è una grande operazione di bonifica dei conti, compiuta con vent’anni di ritardo, ma se non toglie alcuni difetti vistosi nell’impostazione delle tasse e del nostro dare-avere con lo Stato, vuol dire che questi difetti diventano cronici e che questa impostazione non è modificabile. Vent’anni fa si tentò la stessa reimpostazione delle pensioni e della tassazione, fu preparato un testo non molto diverso da questo, ma all’ultimo momento il vice di Craxi, Claudio Martelli, preferì non portare quel testo al parlamento perché si era alla vigilia di una tornata elettorale, e temeva che la manovra facesse perdere voti al governo. Il conflitto è sempre lo stesso: tra interessi della nazione e interessi del governo. Anche stavolta. Un buon numero di esportatori di valuta è stato scoperto, ma l’aggiunta alla tassazione sui capitali reimportati è bassissima, “un buffetto” dice Bersani, perché sono una fetta dell’elettorato che ha eletto l’ultimo governo.

Si sa benissimo che la nostra classe politica gode di stipendi, pensioni e privilegi molto superiori a quelli dei colleghi europei, ma si tratta di coloro che devono votare la manovra, e non voteranno mai contro se stessi. È stato osservato che la manovra non prevede nulla sulla cessione delle nuove frequenze tv, che sono date in uso a mega-società senza introiti per la concessione, che potrebbe valere, dicono gli esperti, sui 4 miliardi di euro. Ma quelle tv sono il più potente strumento per la conquista del consenso elettorale e per la gestione del potere politico. Orientano le opinioni della gente. Comprese le opinioni su questa manovra.

Questa manovra, come tutte le altre, ha lo sguardo acuto sui piccoli stipendi e le piccole pensioni, ma chiude gli occhi verso i grandi patrimoni, con la spiegazione che se li tocchi scappano. Parole di Monti stesso. È una spiegazione importante. Perché mostra, non che i grandi patrimoni hanno paura del fisco, ma che il fisco ha paura dei grandi patrimoni: teme di irritarli. Con questa impostazione, il risultato di ogni manovra è sempre lo stesso: rende difficilissima la vita a chi ce l’ha già difficile, non cambia molto nel tenore di vita dei ricchi. Chi sta bene starà sempre bene, chi sta male starà malissimo. I sindacati lo dicono con altre parole, ma è per questo che preparano lo sciopero nazionale, il più grande sciopero congiunto da sei anni in qua.

I patrimoni immobiliari della Chiesa continuano a non pagare l’Ici. Gli esperti laici la calcolano un miliardo di euro, i radicali 4, gli esperti della Chiesa poche centinaia di milioni. Probabilmente gli esperti della Chiesa ritengono che andrebbero comunque esentati gli immobili usati per opere di carità, ed è una richiesta su cui lo Stato potrebbe discutere senza le pregiudiziali che hanno i radicali, per i quali la Chiesa è sempre bene punirla. A questo punto un litro di benzina costa 1,7 euro, 3.400 vecchie lire, è un prezzo mostruoso, un governo che impone un prezzo del genere ha un’idea aberrante dell’auto, come di uno strumento super-lussuoso e non invece indispensabile per lavorare. Sono cose che Monti sa meglio di chi scrive (a futura memoria) quest’articolo, ma nel fare la manovra aveva limiti non solo temporali ma anche sostanziali: poteva fare quello che ha fatto, non poteva fare quello che non ha fatto. È una manovra, non una riforma. Per la riforma, dovremo aspettare qualche futuro governo. Ma lo aspettiamo da sessant’anni, e non arriva mai.

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