La Nuova Sardegna

Nella patria di Eleonora finalmente ristabilito il primato della legge

Eugenia Tognotti

Nell’isola della giudicessa di Arborea più che altrove il ruolo delle donne nella società è stato fondamentale

04 agosto 2011
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Ecosì la giunta a «sesso unico» del governatore Cappellacci è tutta da rifare, causa dimenticanza dell’altra metà del cielo. Limpide e nette le motivazioni dei giudici amministrativi che hanno accolto il ricorso di una consigliera regionale d’opposizione e di un nutrito gruppo di donne di varie associazioni.

Le motivazioni, infatti, richiamano i principi dell’articolo 51 della Costituzione, un faro troppo spesso ignorato in questi tempi: non solo è vietata qualsiasi forma di discriminazione, fondata sul sesso, ma esiste un dovere costituzionale di attuare il principio delle pari opportunità in politica, anche tramite azioni positive. Inoltre, introducono - come dire? - una severa censura, pur nel rispetto delle forme, per l’omissione di atti concreti per verificare la disponibilità di donne a ricoprire il ruolo di assessore, sottolineando la «tenace e riaffermata volontà politica di escludere le donne dall’Ente Regione».

All’indomani di questa importante sentenza - preceduta di poco da quella del Tar del Lazio per la Giunta della capitale d’Italia - c’è da chiedersi: possibile che sia necessario, in pieno XXI secolo, bussare alla porta del Tribunale amministrativo regionale per veder riconosciuta l’importanza di un’equilibrata rappresentanza di entrambi i sessi in seno alle istituzioni? E per affermare, ancora, l’importanza - in ragione proprio della diversità del genere - del contributo umano, culturale, sociale, di sensibilità e di professionalità che il mondo femminile può dare al governo della cosa pubblica e alla vita civile?

Eppure, la società sarda sa bene quale preziosa risorsa sociale, politica e culturale siano le donne che, in quest’isola, assai più che in altre aree del bacino del Mediterraneo, hanno sempre avuto, nella tradizione, ruoli non subalterni, di autonomia e di autorevolezza. E, del resto, è o non è, la Sardegna, la patria della grande giudicessa Eleonora d’Arborea, sovrana, combattente e legislatrice che ha legato il suo nome, alla fine del XIV secolo, alla famosa «Carta de Logu»? Quello straordinario, avanzato corpo di leggi scritte ha rappresentato un punto di riferimento per quattro secoli. Non per niente i poeti popolari ne celebrano l’ardimento e la saggezza: «La tua destra sì prode nell’armi/il destino d’un popolo regge/nel sapiente voler d’una legge/il diritto s’intese parlar».

Ma, in questo momento di giusta soddisfazione per la sentenza - che ha anche una portata pedagogica - non si può dimenticare che il deficit di rappresentanza non riguarda solo la Giunta regionale: a parte la felice eccezione di Cagliari, sono una sparuta minoranza ovunque le donne assessore in città grandi e piccole e nelle Province, la cui moltiplicazione ha comportato un aumento di poltrone, ma non di quelle «rosa». Il fatto è che la sottorappresentazione delle donne dalle sedi delle decisioni politiche rimanda, peraltro, in generale, al nodo delle classi dirigenti politiche e dei partiti, o meglio dei loro apparati, che detengono i poteri di investitura e dove gli uomini hanno in genere una schiacciante superiorità numerica.

Sindaci e presidenti di Provincia hanno solo una parte di colpa nello squilibrio della rappresentanza: devono fare i conti con i partiti che li hanno sostenuti, con lobby di influenza, condizionamenti incrociati, sbarramenti e arcani equilibri tra correnti. Succede, occorre dire, nel centro sinistra e nel centro destra e le vittime sacrificali sono sempre, manco a dirlo, le donne. Non resta ora che da sperare che nella Giunta che verrà le donne assessore siano «stanziali» e non «di passo» come è avvenuto troppe volte nelle ultime due legislature.
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