La Nuova Sardegna

Sant’Antioco. Per Italia Nostra la politica urbanistica è un disastro

«Un investimento nell'edilizia non fa andare avanti il paese»

Carlo Floris
Sant’Antioco
Sant’Antioco

04 febbraio 2011
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 SANT'ANTIOCO. Per gli ambientalisti il progresso si misura in metri cubi ma non va bene. Sulla cementificazione dell'isola Graziano Bullegas, presidente della sezione di Italia Nostra è categorico: «Sant'Antioco segue la tendenza generale dell'Italia in cui l'avanzata del cemento è inarrestabile, si consumano ogni anno 244 mila ettari contro gli 11 mila in Germania, ma troppi italiani sono senza casa perché solo il 4% del costruito diventa un alloggio sociale rispetto al 18% in Francia e al 21% nel Regno Unito». Anche sul rilancio dell'edilizia per rimettere in moto l'economia Bullegas ha una sua idea: «Sta succedendo esattamente il contrario, infatti investire nell'edilizia vuol dire togliere capitali che potrebbero essere impiegati in altri settori produttivi e talvolta il fallimento di avventate lottizzazioni edilizie trascina nel disastro economico anche settori sani e produttivi. L'isola di Sant'Antioco non sfugge a questa logica di affari e cemento inaugurata negli ultimi decenni». Sostiene Bullegas che «i due centri dell'isola si rincorrono nella costruzione della città lineare che si espande verso la periferia e contestualmente nel centro urbano i pochi spazi liberi vengono con puntigliosa attenzione occupati da nuove e anonime costruzioni, mentre le vecchie case del centro lasciano il posto a palazzine fuori misura e dalle improbabili forme».  «L'impietosa ricostruzione sull'urbanistica fatta recentemente dall'architetto Curridori - prosegue Bullegas - non teneva conto, perché non ancora avvertibili, degli effetti devastanti del cosoddetto piano casa. Altezze e volumi senza controllo saranno la nuova frontiera dell'edilizia locale. Poco importa se le strade saranno intasate e non ci sarà spazio per parcheggiare le auto, sarà il costo che la comunità residente dovrà pagare per la ricchezza di pochi. Già oggi stiamo pagando in termini di devastazione di territorio e di perdita di paesaggio e di identità, beni collettivi costituzionalmente tutelati, così come stiamo pagando un costo altissimo a causa dell'invivibilità del centro urbano».  Il rappresentante di Italia Nostra fa notare come la chiusura al traffico di corso Vittorio Emanuele, un fatto di per se positivo, si è trasformata in un incubo per quanti vivono nelle strette vie del centro storico a causa dell'assenza di una attenta pianificazione generale in grado di regolare il flusso del traffico nell'area urbana: «Prove generali di quotidiano disagio in attesa della stagione turistica. Un mese all'anno di respiro per poche attività economiche e di grandi difficoltà per i residenti».
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