La Nuova Sardegna

Tra speranza e paura il saluto ai «dimonios» in partenza per Herat

Paoletta Farina
La partenza della Brigata Sassari
La partenza della Brigata Sassari

Altri 120 militari della brigata Sassari sono partiti ieri dall’aeroporto di Alghero per l’Afghanistan. Sala d’attesa gremita di parenti, amici e fidanzate. Molti con un groppo alla gola: questa volta la missione all’estero è veramente dura e rischiosa

08 ottobre 2009
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ALGHERO. Annarita ha sette mesi, sorride al papà che la tiene stretta al petto, fiero nella divisa dei «dimonios». Un abbraccio, una carezza sulle guance della figlioletta che non vedrà fino al prossimo apprile e poi Sandro Pais, 34 anni, di Usini, sei missioni alle spalle, si avvia verso la pista e si imbarca sull’aereo che lo porterà in Afghanistan. «Tengo duro, per mia moglie e i miei bambini», ammette con uno sguardo eloquente. Ieri con uno degli ultimi contingenti del 152º reggimento della «Brigata Sassari» se n’è andato via un pezzo di Sardegna.

Sono partiti in 120, zaini carichi e cuore gonfio di emozione. L’aeroporto di Alghero è il contenitore di paure e speranze, con una sala d’attesa gremita. Madri, padri, mogli, fidanzati, bambini a salutare, con un groppo in gola, i loro soldati avviati verso una destinazione insidiosa. Perché ancora troppo fresco è il ricordo della strage di Kabul, sei parà uccisi tra cui il caporalmaggiore di Solarussa Matteo Mureddu. Dietro la serenità sbandierata si intravvede la preoccupazione per quello che potrebbe accadere.

I 120 fanti della «Sassari» che hanno lasciato l’isola ieri vanno a sostituire proprio la Brigata «Folgore» colpita dal lutto. Li hanno preceduti, qualche giorno fa, nell’avvicendamento, i commilitoni del 151º, l’altro reggimento della «Sassari» di stanza a Cagliari, e del 5º reggimento Genio guastatori di Macomer. A schieramento completato saranno oltre mille i soldati della gloriosa brigata che in Afghanistan parteciperanno, per sei mesi, all’operazione Nato Isaf (International security assistance force) nella provincia occidentale di Herat. Il comandante Alessandro Veltri risponde con tranquillità alla domanda come sia la situazione nel paese tenuto ancora sotto scacco dai talebani, dove le elezioni presidenziali che hanno visto vincente Hamid Karzai non sono bastate a rasserenare il clima. «Da lì ci giungono notizie confortanti», afferma il generale, che raggiungerà il Paese probabilmente martedì prossimo e a fine ottobre sarà alla guida delle forze militare italiane in Afghanistan. «Noi - prosegue - partiamo consapevoli della nostra preparazione. I nostri uomini già arrivati a Herat hanno potuto constatare l’eccellente lavoro svolto dalla «Folgore», di cui beneficeremo. La situazione è sotto controllo, anche se esiste un nemico nascosto che come tale va affrontato».

«Le truppe sono consapevoli della missione che andranno a svolgere - aggiunge il comandante del 152º, il colonnello Massimo Raccampo -. Missione che è di sostegno alla popolazione perché si affermi il processo di stabilizzazione del paese. Dovremo supportare e addestrare le forze di sicurezza, esercito e polizia, del paese. E proseguiremo nell’attività umanitaria e di ricostruzione che ci ha contraddistinto anche nella precedente missione del 2007».

Bisogna scacciare via i pensieri su attacchi di guerriglieri, cariche di esplosivo piazzate lungo le strade, blindati che contro tanta potenza non potrebbero resistere. Tra i «sassarini» la parola d’ordine - nonostante giungano notizie di una nuova vittima (un soldato spagnolo) e echi di polemiche sulla sicurezza dei mezzi in dotazione - è affrontare la missione con lo stesso coraggio per cui la Brigata è universalmente conosciuta. La pluridecorata Bandiera di Guerra (tre medaglie d’oro) accompagnerà i ragazzi, in questi mesi, nel ricordo del coraggio dei loro predecessori: ieri l’hanno accolta il picchetto d’onore e il grido «Fortza Paris».

«Che Dio ci aiuti», dicono gli algheresi Pietro Uleri e Giovanna Maria Bagnolo, orgogliosi genitori della ventisettenne Noemi, caporale alla prima missione all’estero che altrettanto orgogliosamente afferma di essere «pronta a fare il proprio dovere». E’ una delle venti donne della «Sassari» che se ne va. Un’altra algherese, Vanessa Porcu, 24 anni, caporalmaggiore, sorride felice affianco al papà poliziotto: «Porterò con me le foto dei miei amici e di mamma e babbo». Il sergente maggiore Antonio Cera, di Usini, è un veterano: questa è la nona volta che parte e loda «il sostegno che mi ha sempre dato mia moglie». «Perchè la forza a un soldato la dà anche la famiglia e dietro un grande soldato spesso c’è una grande donna», dice il tenente colonnello Marco Mele, portavoce della Brigata. Ha un momento di commozione e cede alle lacrime Giuseppina Atzori, di Macomer, consolata da Erika Frau, la fidanzata oristanese del figlio Cristian Amadori, scampato alla strage di Nassiriya: «Per me è come se Cristian stesse andando in guerra».
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