La Nuova Sardegna

Oristano

Oristano, operai esposti all'amianto: presidio in Tribunale

di Michela Cuccu
Oristano, operai esposti all'amianto: presidio in Tribunale

Giovedì nuovo sit-in dei volontari dell’associazione sarda che tutela i malati «Vogliamo avere notizie sulla denuncia da noi presentata nel 2012 sulla Sardit»

24 aprile 2016
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ORISTANO. Indosseranno ancora una volta le tute bianche, tristemente famose perché negli anni Ottanta, erano il simbolo della lotta contro l’amianto. Tute mai riposte in realtà nell’armadio e che giovedì mattina, a partire dalle 9,30, faranno di nuovo la loro comparsa nel sit in che i volontari dell’Associazione sarda ex esposti amianto, hanno organizzato di fronte al Tribunale. Manifestazione simbolica per chiedere con fermezza, come spiega il presidente della sezione oristanese dell’associazione, Giampaolo Lilliu, a che punto è arrivata l’inchiesta scaturita all’indomani dell’esposto alla procura della Repubblica nel 2012 nel quale Areas chiedeva di indagare i proprietari dello stabilimento Sardit per reato ambientale e omicidio colposo. «Ad oggi contiamo circa quaranta decessi per malattie legate all’amianto, mesotelioma pleurico e asbestosi, altri sei casi, sei nuovi malati, sono sotto osservazione medica. Vogliamo capire se la Magistratura abbia individuato vi siano responsabilità da parte dell’azienda che qui, lavorava la fibra d’amianto». La Sardit di Oristano è chiusa dal 1992, quando, l’amianto venne dichiarato fuori legge a causa della sua elevatissima tossicità. Inizialmente la Sardit apparteneva per il 33 per cento a Eternit (gli stessi proprietari del tristemente noto impianto di Casale Monferrato); alla Fibronit (per la produzione dei tubi) e alla Sacelit, collegata alla Italcementi, che in quegli anni aveva il cementificio di Scala di Giocca, a Sassari. A seguito del fallimento di Eternit, la Sardit divenne proprietà in parti uguali di Sicelit e Fibronit. Nel 2012 l’associazione Areas presentò un esposto alla procura della Repubblica presso il tribunale di Oristano. «Nel frattempo noi dell’associazione, siamo stati sentiti, su ordine del magistrato che ha assunto la guida dell’inchiesta, sia dallo Spresal che dall’Asl 5. Da allora, non abbiamo più saputo nulla. Credo sia nostro diritto sapere a che punto sia l’inchiesta, se ancora in corso o chiusa. Del resto, noi lavoravamo in quello stabilimento, in contatto quotidiano con l’amianto, quindi a rischio. Non a caso, siamo sotto stretto controllo medico – dice ancora Giampaolo Lilliu – però tanto silenzio ci fa sentire oggi come allora dei fantasmi. Da qui la decisione di farci sentire e indossare ancora le tute e le mascherine bianche e fare un sit in sotto il Tribunale proprio nella Giornata mondiale dell’amianto».

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