La Nuova Sardegna

Oristano

La Uil: «Asl, dai tagli nessun risparmio»

di Michela Cuccu
La Uil: «Asl, dai tagli nessun risparmio»

Enti commissariati: i dubbi del sindacato sulla operazione della Regione che vorrebbe ridurre i costi della sanità

28 dicembre 2014
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ORISTANO. «Prima di varare la riforma della sanità in Sardegna, la Giunta regionale dovrebbe sentire anche le parti sociali dei territori. Il rischio è di varare una riforma monca, priva soprattutto della conoscenza dei problemi e delle aspettative delle diverse aree dell’isola che saranno ordinate nelle nuove aziende sanitarie».

Michele Zucca, segretario territoriale della Fpl Uil interviene all’indomani del commissariamento delle Asl sarde, che da lunedì e per i prossimi otto mesi, saranno rette non più dai direttori generali, ma appunto da commissari designati dalla Giunta regionale, con l’obbiettivo di risparmiare sulla spesa sanitaria. Il sindacalista glissa sulla scelta del commissario che gestirà la Asl di Oristano, ma solleva un altro aspetto. «Se andiamo a vedere indietro negli anni, prima la sanità sarda era organizzata in 21 unità sanitarie locali, successivamente trasformate aziende sanitarie, ridotte a quasi un terzo. Già allora il riordino venne presentato come uno strumento per risparmiare sulla spesa sanitaria. Risparmio che però non c’è stato e non è detto che anche questa volta, la spesa si ridurrà».

Alla giunta regionale il segretario della Uil avrebbe tanti argomenti da proporre «per rendere migliore e meno costosa la sanità pubblica in questo territorio» che, sottolinea, fra le peculiarità ha quella di una popolazione fra le più anziane della Sardegna. «Ci sono alcune leve su cui agire per contrarre la spesa e, contemporaneamente, migliorare i servizi. Penso ad una maggior razionalizzazione della spesa farmaceutica, sull’ospedalizzazione. Potenziando ad esempio, l’assistenza domiciliare assistita. Consentire, infatti, ad un maggior numero di pazienti l’accesso alle cure in casa anzichè attraverso il ricovero ospedaliero, si è rivelato un sistema che funziona».

C’è poi l’aspetto, della cosiddetta “mobilità passiva”, che si traduce con la necessità dei pazienti di rivolgersi per potersi curare alle strutture che si trovano fuori dai confini della Asl di residenza. «Spesso i malati sono costretti ad affrontare viaggi, certo non di piacere, anche solo per potersi sottoporre ad esami perché qui i tempi d’attesa sono improponibili. Un problema serissimo, che comporta un aggravio non solo di disagi per i pazienti ma anche di spese per l’azienda sanitaria». E c’è il problema dell’organizzazione del personale. «La nostra azienda ha 1060 dipendenti: solo di recente è stato istituito il servizio delle professioni sanitarie. È fondamentale e deve essere rinforzato».

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